Un amico improvvisatoIntorno, botteghe chiuse, targhe stinte sui muri. Qualcuno spiava dalla fessura d’una persiana. Un uomo in bicicletta si avvicinò lentissimo, scese, poveramente con gesti dissanguati legò una catena tra i raggi della ruota prima di sparire in un portone.
«Dunque: hai almeno un amico? O no. Insomma qualcuno. Un argomento. Sei nato sotto il cavolo? Dici mai niente di te» protestò all’improvviso.
«Ma come fa a indovinare sempre» stupii. «Proprio nell’attimo in cui mi dicevo: parla.»
Annuì ma senza compiacimenti.
«Le mie virtù» riprese. «Per esempio, con me: sei amico? Sincero, sennò è inutile.»
«Sì. Credo di sì. Perché?»
«Perché e percome.» Si scosse nervosamente: «Che c’entrano tutti questi perché. Acqua fresca. Insomma: ti senti amico? Mi senti amico? O preferiresti star seduto con quegli altri. Là dietro a parlare di Boniperti Rivera. Di’ di’: sarebbe più che naturale».
«Macché» risi intimidito.
«Ti senti diverso da quelli là?»
«Un po’. Non meglio. Solo diverso.»
«Appunto. Football a parte, ti trovi bene col sottoscritto? Sì o no».
«Ma sì. Davvero.»
«Bah» ebbe una smorfia «crediamoci. Guarda che l’amicizia è un impegno serio.»
Trangugiai il solito perché. Mi uscì un: «Sarebbe?»
«Sarebbe che prima o dopo o forse anche mai si capisce potrei chiederti un grosso favore. Grosso ma possibile. Niente di impossibile» la voce era appena malinconica.
«Benissimo signore.»
«Benissimo signore» mi rifece il verso allentando finalmente la tensione del volto. «Ovvio che non pretendo giuramenti. Mi basta la tua parola. Giusto?»
«Giusto.»
«Devo dire che proprio muto non sei. Qualche sillaba ti viene fuori» rise.
Mi confusi: «Eppure ho tanti discorsi da fare, in testa. Ma non mi escono».
«Povera gioventù» sospirò ma distrattamente. E subito: «Andiamocene adesso. Hai notato? Un granello di ghiaccio nel whisky. Uno solo. Sempre così nei posti pitocchi. Torniamo al nostro bar di ieri sera».
Era già in piedi, tutta la sua ossuta magrezza investita dal sole gettava in mezzo alla strada un filo d’ombra.

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