Filosofia prima e teologia

D’altra parte, mentre il principio di non contraddizione indica la proprietà originaria dell’ente in quanto ente, e quindi di ogni ente — sia di quelli che si manifestano, sia di quelli (se esistono) che non si manifestano —, la manifestazione degli enti apre il problema se essa sia oppure no, a sua volta, una proprietà dell’ente in quanto ente. Poiché gli enti manifesti sono divenienti, quel problema equivale al problema — che è il problema metafisico per eccellenza — se oltre gli enti divenienti esistano enti immutabili ed eterni, e cioè se gli enti manifesti siano la totalità oppure soltanto una parte della totalità degli enti.
Aristotele sa bene che sin dal suo inizio la filosofia ha affermato l’esistenza dell’ente immutabile — cioè l’arché della totalità dell’ente — e che l’arché non è un ente manifesto («la physis ama nascondersi» diceva Eraclito), ma è un ente la cui esistenza viene affermata in base al principio che dal nulla non si genera nulla. La filosofia prima è quindi, da un lato, scienza dell’ente in quanto ente; dall’altro lato è la scienza che ha il compito di risolvere il problema se la realtà diveniente e manifesta sia o non sia la totalità dell’ente. La filosofia prima aristotelica risolve questo problema dimostrando che oltre alla realtà diveniente manifesta esiste una realtà immutabile, eterna, sommamente cosciente di sé e sommamente felice, che Aristotele chiama Dio. La filosofia prima — cioè la scienza dell’ente in quanto ente — culmina così nella teologia razionale. La meta-fisica è appunto il processo che conduce la scienza dell’ente in quanto ente dall’affermazione dell’esistenza dell’ente diveniente (identificato alla physis) all’affermazione dell’ente immutabile. In questo modo, Aristotele conferma il significato fondamentale del pensiero filosofico da Talete a Platone.

Indice
Crediti