Sembra brutale, Philippoussis, spartano, uno grosso e lento che gioca meccanicamente di potenza a fondocampo, con una cattiveria gelida negli occhi, e a paragone Sampras, che non è esattamente un pallettaro, appare quasi fragile, cerebrale, un poeta, saggio e triste allo stesso tempo, stanco come solo le democrazie sanno esserlo. Democrazia e commercio agli US Open
Dal momento che il dolore è un'esperienza mentale totalmente soggettiva, non abbiamo accesso diretto al dolore di niente e nessuno a parte il nostro.
Stavo riflettendo su quella specie di filantropo che sembra repellente sul piano umano non malgrado la sua carità, ma per via di essa: a un certo livello si capisce che lui vede coloro che ricevono la sua carità non come persone, ma piuttosto come strumenti attraverso i quali può sviluppare la sua virtù.
Nel mondo reale tutti soffriamo da soli; la vera empatia è impossibile. Ma se un'opera letteraria ci permette, grazie all'immaginazione, di identificarci con il dolore dei personaggi, allora forse ci verrà più facile pensare che altri possano identificarsi con il nostro. Questo è un pensiero che nutre, che redime: ci fa sentire meno soli dentro. Un antidoto contro la solitudine
Proprio come un bambino si tocca una ferita o si stuzzica una crosta, poco dopo ritornai nella stanza del ventilatore e ripresi in mano il violino. E immediatamente produssi di nuovo la risonanza. E immediatamente la forma nera si levò un'altra volta nella mia mente. Era un po' come una vela, o una piccola parte di un'ala di una cosa troppo grande per essere vista nella sua completezza. Era un orrore psichico totale: morte, decadimento, dissoluzione, uno spazio vuoto, solitario, malevolo, nero, freddo e vuoto. Infinite Jest
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