Non possiamo fingere di non saperlo: non siamo degli struzzi; non possiamo credere che se non guardiamo, non capiterà quello che non abbiamo voluto vedere. È ancora più impossibile che non ci riesca di vedere quello che mangiamo. E ancora, se ciò fosse necessario o almeno utile; invece no. Ciò non serve che allo sviluppo dei sentimenti più bassi: la lubricità, la lussuria, l’ebbrezza.
È costantemente confermato dal fatto che i giovani, buoni, puri, soprattutto le fanciulle, sentono, senza rendersi conto come una cosa deriva dall’altra, che la virtù non si può conciliare con il piacere della bistecca, e che, se vogliono crescere moralmente, devono abbandonare la nutrizione animale.
Che cosa voglio dimostrare? Che gli uomini per diventar buoni devono astenersi dal mangiar carne? Per nulla. Voglio solamente dimostrare che per riuscire a condurre una vita normale è indispensabile conquistare progressivamente le qualità necessarie e che, di tutte le virtù, quella che sarà necessario conseguire prima di tutte le altre è la sobrietà, la volontà di padroneggiare le proprie passioni. Tendendo all’astinenza, l’uomo seguirà certamente un ordine definito, e in questo ordine la prima virtù sarà la sobrietà nell’alimentazione, il digiuno relativo.
Se cerca seriamente e sinceramente la vita morale, il primo nutrimento da cui l’uomo dovrà astenersi è quello animale; perché, senza parlare delle sollecitazioni alle passioni prodotte da questo nutrimento, il suo uso è semplicemente immorale, perché prevede un’azione contraria al sentimento della moralità – l’assassinio – provocata esclusivamente dall’ingordigia e dalla voracità.
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