Egon Schiele - Gerti Schiele«Mi ha detto che scrive romanzi, un bellissimo lavoro, ma è molto complicato. Nessuna specie in natura lo sa fare, solo gli esseri umani. Conosce altre lingue oltre l’italiano?»
«L’inglese, il francese, più o meno lo spagnolo… Sto studiando il coreano».
«Preferirebbe non saper fare nessuna di queste cose a patto di non ammalarsi mai? Gli organismi unicellulari non sviluppano neoplasie, ma non imparano lingue. Le amebe non scrivono romanzi».
Si guardarono per un tempo che a entrambi parve lunghissimo, durante il quale lei ebbe la certezza che, al contrario del Risiko iniziale fatto di nuove colonie avide di pozzi iracheni, quelle specifiche parole l’oncologo le avesse trovate solo per lei. Fino a pochi minuti prima aveva avuto mille domande. Questioni su quanto sarebbe stato lungo il combattimento che stava per affrontare. Se aveva qualche possibilità di vincerlo. Quanto tempo aveva per lottare. Voleva gli estremi dello scontro, il piano militare. Ma l’inadeguatezza del registro bellico, quello con cui aveva sempre sentito definire il rapporto con una malattia mortale, ora la ammutoliva. Era colpa del medico, ovviamente. Le parole che quell’uomo aveva usato cambiavano lo scenario simbolico e la costringevano a muoversi verso un obiettivo che non le era familiare: il patto di non belligeranza. Quello che doveva essere un avversario da distruggere le era appena stato dipinto come un complice della sua complessità, una parte disorientata del suo corpo sofisticato, un cortocircuito del sistema in evoluzione, niente di più di un compagno che sbagliava. Non era abituata a perdere a parole. Qualunque battaglia avesse immaginato di fare alla malattia, ora suonava come un progetto autolesionista. Di far guerra a sé stessa non aveva voglia né forze.

Crediti
 Michela Murgia
 Tre ciotole
  Rituali per un anno di crisi
 SchieleArt •  Gerti Schiele • 



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