La nostalgia ha una valenza aggressiva che non sempre viene sufficientemente considerata: essa è un’aggressione del passato contro il presente, e questa aggressione colpisce inevitabilmente gli oggetti del sentimento presente, li distanzia, li relativizza, alla fine li nullifica. Operazione non difficile, giacché, nell’ottica della nostalgia, ciò che è presente è sempre imperfetto. E naturalmente lo è davvero: il presente è tridimensionale, corposo, ha un’ombra, oppone resistenza, è necessario parlargli insieme e scendere a patti. Il passato invece è cedevole, acconsente, è un’amata fedele e noi possiamo agghindarla come vogliamo. Il passato è un sogno e del sogno ha la labilità ma anche l’atemporalità, che lo sottrae alle trasformazioni possibili nel mondo della veglia. Perché vi sia trasformazione, il sogno dovrebbe essere sostituito da un progetto e quindi entrare nel circuito vitale di nascita e morte. Stare nella nostalgia significa dunque stare nel luogo della intangibilità, nel luogo dove tutto è già accaduto. Questo è il luogo del crepuscolo, un crepuscolo illimitato, cui non seguirà mai il sorgere del sole. O anche, se si pensa al crepuscolo come alla condizione che segue il tramonto del sole, ci troviamo là dove il sole ha cessato per sempre di splendere; resiste solo un’eco quando la voce ha già cessato di parlare.
Aggressione del passato contro il presente
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