
In Sul linguaggio in quanto tale e sul linguaggio dell’uomo, Benjamin aveva già marcato la contrapposizione tra un’interpretazione analogico-proporzionale del simile e un approccio retorico non matematizzabile legato a un momento temporale. In tale scritto, il carattere magico del parlare concerne, primordialmente, ciò che è nominato come il mediale, che non deve confondersi con la rappresentazione della lingua come mezzo (Mittel):
ogni parlare [jede Sprache] comunica se stesso. O, detto con maggiore esattezza: ogni parlare si comunica in se stesso, dato che esso è, nel senso più puro [reinste], il medium stesso della comunicazione [das Medium der Mitteilung]. Il mediale [das Mediale], che è la condizione di possibilità dell’immediatezza di ogni comunicazione spirituale [Unmittelbarkeit aller geistigen Mitteilung], è dunque il problema fondamentale della teoria del parlare; e se si considera magica questa condizione di possibilità dell’immediatezza [diese Unmittelbarkeit], allora il problema primordiale del parlare [das Urproblem der Sprache] è la sua magia (2010b II-I, p. 147; 1991 [1972-1989] II-I, pp. 142-143).La traduzione è stata leggermente modificata, indicandosi in corsivo.
Il mediale fa riferimento all’ambito del parlare in quanto enunciazione (il carattere performativo della sua forma retorica), mai ipostatizzabile sotto una logica strumentale di mezzi e fini fondata su una logica inferenziale dell’identificazione (in cui l’atto di nominare rimarrebbe spostato e le parole si ridurrebbero alla sfera della lingua come insieme di segni, al messaggio o il detto senza resto).Teniamo presente che in Per la critica della violenza, Benjamin oppone anche la concezione strumentale della lingua concepita sotto la coppia mezzi / fini con l’idea del parlare inteso come una sfera costituita da mezzi puri (2010e II-I, p. 194). Nel passaggio citato, Benjamin mette un segno sul significante Unmittelbarkeit che problematizza (ricorrendo alla sottolineatura di una parte di esso) e ci presenta un’illeggibilità o cancellatura nella traduzione e nella lettura di quel peculiare contesto discorsivo. Naturalmente, in breve, e in modo pertinente possiamo interpretare Unmittelbarkeit come immediatibilità, marcando la seguente risonanza in tale espressione: la caratterizzazione di qualcosa di immediato (unmittelbar) come determinatezza. Tuttavia, senza contraddirsi con questa accezione, al di là e con essa possiamo affermare che ciò a cui si appella è la condizione di possibilità in cui l’immediato (come qualcosa di determinato, come cosa, rappresentazione, oggetto, e altro) può esistere come tale. Ed essa è il parlare in quanto messa in scena o enunciazione, in quanto atto di nominare che, concepito nel contesto della critica retorica, mette in gioco due aspetti fondamentali: (a) ciò che si colloca nel luogo di condizione di possibilità è regolato e riconosciuto come tale nell’atto stesso del suo campo d’azione; (b) il possibile di ciò che funziona come condizione rimanda a un potere effettivo (esistente o istituito in atto), non come una virtualità tautologica o aprioristica.
In Dottrina del simile, Benjamin chiama aspetto magico del parlare in quanto tale (in quanto enunciazione divisa da lui tra parlare / scrittura) ciò che in Sulla facoltà mimetica nominerà come fedele archivio delle somiglianze non sensoriali, e delle non sensoriali corrispondenze (2010d II-I, p. 216). Ricordiamo il primo passaggio:
Questo aspetto magico (se lo si vuole dire in questo modo) proprio del parlare e della scrittura non è privo di connessione con un altro aspetto, cioè, il semiotico. Piuttosto, tutto il mimetico del parlare è intenzione fondata che può manifestarsi solo in qualcosa di estraneo, nel semiotico e comunicante del parlare, cioè, nel suo fondo [überhaupt nur an etwas Fremdem, eben dem Semiotischen, Mitteilenden der Sprache als ihrem Fundus in Erscheinung treten kann] (2010c II-I, p. 212; 1991 [1972-1989] II-I, p. 208).La traduzione è stata leggermente modificata, indicandosi in corsivo.
Il mimetico del parlare, in quanto tale, può essere solo manifestazione (Erscheinung) in qualcosa di estraneo (an etwas Fremdem), in un supporto o forma di iscrizione che appartiene all’ambito del detto. L’enunciazione in quanto operazione di carattere magico non può smettere di esporsi sotto i giri equivoci che stabilisce con il dominio del detto mediante movimenti retorici doppi: annodamento e interruzione, imbricazione e divisione, scrittura e straniamento, dati in un’istanza temporale irriducibile a termini logici. Tanto il filo e il tra del piano dell’enunciato e l’atto di enunciare si istituiscono mediante questi movimenti doppi. Lo scandalo che produce Benjamin nella sua interpretazione della facoltà mimetica risiede nel fatto che, se riconosciamo il magico in collegamento con il mimetico, non solo affermiamo che il magico dell’enunciazione, affinché operi, si trova attraversato da un resto mimetico che indica il vuoto inesorabile di ogni supporto semiotico, ma anche che il mimetico esiste come tale in quanto magico, cioè, in un contesto di fondazione non matematizzabile o misurabile per mezzo di schematismi logici.
Il non somigliante nel somigliante: mimesi e lettura in Walter Benjamin
Estudios de Filosofía, 68, 11-30. Fonte: Verso una critica retorica. La dialettica tra allegoria e simbolo in Walter Benjamin.
Pubblicato in linea nel 2023
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Sul linguaggio in quanto tale e sul linguaggio dell’uomo di Walter Benjamin
Benjamin analizza il linguaggio come medium magico, non strumento logico, enfatizzando l’enunciazione e l’immediatibilità. Contrappone il parlare alla rappresentazione proporzionale, proponendo una teoria retorica innovativa. Il testo è cruciale per comprendere la sua critica alla lingua come mezzo e il ruolo del mimetico.
Per la critica della violenza di Walter Benjamin
In questo saggio, Benjamin oppone i mezzi puri alla logica strumentale, estendendo la riflessione al linguaggio. Esplora l’enunciazione come atto non riducibile a fini utilitaristici, parallelo alla sua visione del mimetico. Offre un approfondimento sulla temporalità e il magico nella comunicazione.
La parola magica di Giorgio Agamben
Agamben rilegge il linguaggio come potenza e atto, ispirandosi a Benjamin. Esamina il rapporto tra enunciazione e semiotica, superando la logica matematizzabile. Il testo amplia la prospettiva sul magico e il mimetico, collegandoli a una critica filosofica del significato.
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