Allora regna il fascino
Quando sono solo, non sono solo, ma, in tale presente, sto già tornando a me stesso sotto la forma di Qualcuno. C’è Qualcuno, là dove sono solo. Il fatto che io sia solo dipende dal fatto che appartengo a questo tempo morto che non è il mio, non è il tuo, non è nemmeno il tempo comune, ma è il tempo di Qualcuno. Qualcuno è quel che è ancora presente quando non c’è più nessuno. Là dove sono solo, io non ci sono, non c’è nessuno, ma al contempo c’è l’impersonale: il «di fuori» come ciò che previene, precede, fa svanire qualsiasi possibilità di rapporto personale. Qualcuno è l’egli senza volto, quel Si impersonale di cui facciamo parte, ma chi ne fa parte? Non si tratta mai di questa o di quell’altra persona, mai di me e o di te. Nessuno fa parte del «Si» impersonale. Esso appartiene a una regione che non può mai essere illuminata, non perché nasconda un segreto che non si può rivelare, e nemmeno perché è radicalmente oscura, bensì perché essa trasforma qualsiasi cosa vi abbia accesso, persino la luce, nell’essere anonimo, nell’essere impersonale, nel Non-vero, nel Non-reale che comunque sempre esiste. Da questo punto di vista, il «Si» impersonale è ciò che risulta più vicino al momento della morte. Là dove sono solo, il giorno non è altro che la perdita del soggiorno, l’intimità con il di fuori senza luogo e senza riposo. Venire qui significa che chi viene appartiene alla dispersione, a quella incrinatura in cui il di fuori è intrusione che soffoca, è la nudità, è il freddo del luogo in cui si rimane scoperti, in cui lo spazio è vertigine della distanza. Allora regna il fascino.

Crediti
 Maurice Blanchot
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