Amare Schumann
Il mondo, per Schumann, non è irreale, la realtà non è annullata. La sua musica, nei titoli, talvolta nei tentativi discreti di descrizione, si riferisce incessantemente alle cose più concrete: stagioni, momenti del giorno, paesaggi, feste, mestieri. Ma questa realtà è minacciata da disarticolazioni, dissociazioni, movimenti per nulla irregolari (nessuno stridore), ma brevi, e per così dire, incessantemente «mutanti»: nulla resiste a lungo, un movimento ne interrompe un altro; è il regno dell’intermezzo, nozione quasi vertiginosa quando si estende a tutta la musica e quando la matrice è vissuta solo come un susseguirsi spossante (ma bello) di interstizi. […] In questo mondo spezzato, derivato da apparenze vorticose, talvolta un elemento puro e immobile si apre un varco: è il dolore. «Se mi domandaste il nome del mio dolore, non potrei dirvelo. Credo sia il dolore stesso, e non saprei chiamarlo altrimenti». Questo dolore puro, senza oggetto, questa essenza di dolore è senza dubbio il dolore del folle.

Crediti
 Roland Barthes
 L'ovvio e l'ottuso
 SchieleArt •   • 




Quotes per Roland Barthes

Le teste di Arcimboldo sono mostruose perché rimandano tutte, quale che sia la grazia del soggetto allegorico, […] ad un malessere sostanziale: il brulichio. La mischia di cose viventi (vegetali, animali, bambini) disposte in un disordine stipato (prima di raggiungere l'intelligibilità della figura finale) evoca tutta una vita larvale, un pullulìo di esseri vegetativi, vermi, feti, visceri al limite della vita, non ancora nati eppure già putrescenti.  Arcimboldo

La relazione tra Eros e poesia è un tema che ha affascinato numerosi autori nel corso della storia della letteratura. Eros, la personificazione dell'amore e del desiderio nella mitologia greca, ha spesso rappresentato una fonte di ispirazione per i poeti, che hanno cercato di esprimere attraverso i loro versi le complessità e le sfumature dell'amore. Questa connessione ha dato vita a opere che esplorano l'intensità emotiva, la bellezza, il tormento e l'estasi dell'amore.

Per la metafisica classica non c'era alcun inconveniente nel «dividere» la persona (Racine: «Ho due uomini in me»); anzi, al contrario, provvista di due termini opposti, la persona procedeva come un buon paradigma (alto/basso, carne/spirito, cielo/terra); le parti in lotta si riconciliavano nella fondazione d'un senso: il senso dell'Uomo. Ecco perché, quando oggi parliamo d'un soggetto diviso, non è affatto per riconoscere le sue contraddizioni semplici, le sue doppie postulazioni ecc.; è una diffrazione cui si mira, uno sparpagliamento in un passo di danza, di cui non resta più né il nucleo né una struttura del senso: io non sono contraddittorio, sono disperso.

Testo vuol dire Tessuto; ma laddove fin qui si è sempre preso questo tessuto per un prodotto, un velo già fatto dietro al quale, più o meno nascosto, sta il senso (la verità), adesso accentuiamo, nel tessuto, l'idea generativa per cui il testo si fa, si lavora attraverso un intreccio perpetuo; sperduto in questo tessuto – questa tessitura – il soggetto vi si disfa, simile a un ragno che si dissolva da sé nelle secrezioni costruttive della sua tela.  Il piacere del testo

Qualsiasi altro desiderio che non sia il mio non è forse folle?