Appendice II

Ogni cosa permane –
ogni cosa rimane –
ogni cosa sussiste –
ogni cosa resiste –

guarda niente è mutato, immagino da che tu partisti

tu, femmina, mutande, mestrui,
tu, io, morremo, morremo
la vecchiaia ci singhiozza
nella spina dorsale,
la gomma attorno agli occhi,
moriamo, morremo, andiamo
a puttane, finiamo in niente,
consumati, cenere, cenere
ci dimentichiamo
c’è sul calendario il giorno
che non ricorderò il tuo nome
c’è il giorno dell’addio
più integrale
quando di tutto il tuo furore
nell’utero, il mio amore
resterà solo una storiella un poco
sudicia, cosa per adolescenti.
Ci amammo, ugh! ci amammo

Desideravo vederti:
desidero la fantasia dei tuoi capelli

a inaugurare grida
di libertà in ore troppo lente;
la rivolta dei tuoi polsi terrestri
che muovono inizi di bandiere,
e accusano l’indugio, la disperazione
cauta, il tempo.
Mi occorre l’urlo d’uno sguardo
ed oltre la violenza del tuo esistere
io esigo il gesto d’un tuo riso.

Ti paragonerò dunque
amore mio, mio amore
ad un giorno estivo, o trepida rosa
(una rondine sarebbe forse
più acconcia, o una farfalla?)
O non piuttosto, amore mio, mio amore
ti farò simile al tetano
che inchioda le mascelle,
alla lebbra paziente
che accima la carne indifesa
o all’ulcera, fiore perplesso,
o al tumore, autonomo individuo,
che cresce nel corpo
per verginale gravidanza?
Mia rosa mostruosa,
delicata, indolente paranoia.


Crediti
 Giorgio Manganelli
 Pinterest • Ingmar Bergman  • 




Quotes per Giorgio Manganelli

La cultura, come oggi si intende, quella cosa che ci viene dalla scuola, non serve a capire assolutamente nulla, ma solo a degradare l'esperienza a informazione.

Tutti siamo tenuti ad usare parole, ma di rado, o forse mai, ci capita di assistere allo sbriciolamento delle parole nelle sillabe e nelle lettere, al loro perdere di consistenza, l'abbandonarsi alla loro condizione ambigua, metamorfica, polifonica. Penso a Lewis Carroll, a quest'uomo che non avrebbe mai scritto il mirabile Alice se non avesse avuto il difficile privilegio di assistere alla catastrofe delle parole.  Il rumore sottile della prosa

Non pensate che queste mie labbra infantili e grinzose, senz'acqua da millenni, potrebbero muoversi, oh lievemente, per chiamare, dietro a tutte le nebbie, i miasmi di cui vivete, quel cadavere immortale, tondo nel cielo? Sono morto a diciott'anni: forse non ho consumato la mia voglia di giocare.

Puoi cavare le viscere a tua sorella, puoi limare il cranio d'una bambina fino a fare spiccinare il cervello, puoi cuocere il tuo migliore amico, cavare le unghie i denti gli occhi il fegato di tuo padre, puoi giacere – se ci riesci – con tutte le tue consanguinee e nemmeno la scriminatura si muoverà a quel lucido, correttissimo, urbanissimo niente che è Iddio.  Ti ucciderò mia capitale

La letteratura è indifferente all'uomo. Mantiene i contatti con lui solo nella misura in cui costui cessa di essere umano.