Eva Antonini ⋯ Deriva

Voglio che la poesia sia notte,
vagabondando per vie appartate
e per arterie dove la vita balla.
Voglio che sia lotta, non musica che dilegua
ma pathos per l’espressione di un’incoerenza
di un disordine che diventerà fuoco devastante
se non giochiamo il tutto per tutto.

Quando gli altri, indifferenti, sicuri di sé

si sprecano senza scopo, o la sera
si preparano a morire, tutta la notte
cerco tessere indistruttibili di mosaico
nel monologo quotidiano
siano pure le più danneggiate.
Che rilucano com’esili moscerini
nella loro fitta oscurità, casuali,
uccise dal significato
irrorate di sentimento.