Propriamente, non l’io viene al mondo, o dal mondo esce con la morte, ma il mondo sopraggiunge all’io e dilegua per l’io che intanto è nel suo essere eternamente sé stesso: questo io vedente che non può essere visto non ha storia e non ha scienza che non siano modi dell’avere ciò che può andare perduto; avere è poter non-avere ed è questo che lo differenzia dall’essere che non può non essere. Ma il sé stesso dell’io, appunto per il suo essere, non è coinvolto nello spettacolo dell’apparire, né è passibile di oblio da parte di sé, proprio perché non abbisogna di avere conoscenza di sé per essere io.
Avere è poter non-avere
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