Il presidente di una grande società italiana ha ricevuto un giorno la visita del presidente di una grande corporation americana, che aveva chiesto udienza. Motivo: prendeva commiato prima del ritiro dagli affari. Ma quasi non si conoscevano. L’italiano pensava che il motivo fosse un pretesto per proporre qualche progetto interessante. Invece ha capito dopo le prime battute che era solo un pretesto per fare un viaggio in Europa con la moglie, a spese della società. Ecco la parola magica: a spese della società. Col denaro della società si può tutto; il denaro della società non conosce limiti.
Questo modo di vivere, a parte gli abusi eventuali, a parte gli imbrogli, non è un problema di moralità in senso stretto; ma concorre a fare della classe dirigenziale, come si è detto, la élite del nostro tempo, e quindi le assegna una grande responsabilità. È nello stesso tempo un onere e un privilegio. Per contrasto, gli uomini politici, i ministri e i funzionari statali, anche se rivestono cariche importanti, anche se in teoria detengono il potere di ultima istanza, sono paragonabili ai chierici di altri tempi; nominalmente comandano, ma vivono in modo assai più parsimonioso, viaggiano modestamente sugli aerei di linea, fanno la coda negli aeroporti, frequentano le trattorie invece dei ristoranti lussuosi, abitano in appartamenti di periferia. Un ministro danese è stato criticato in parlamento e nella stampa perché ha fatto un viaggio aereo in prima classe invece che in classe turistica; e ancora si ricorda la storia, in America, dei cappotti di vigogna che erano stati regalati ad alcuni uomini della pubblica amministrazione.
I soli lussi cui possono aspirare i rappresentanti dello stato sono quelli concessi dalla generosità del mondo degli affari, che costituisce la vera classe privilegiata (per esempio, un aereo privato messo a disposizione di un segretario di partito). Ciò comporta, inevitabilmente, qualche pericolo per i titolari dei privilegi. I privilegiati diventano un naturale bersaglio degli umori popolari.
Bersaglio degli umori popolari
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