Il risveglio di un uomo ha inizio dall’istante in cui si rende contro che non va da nessuna parte e che non sa dove andare. Svegliarsi significa realizzare la propria nullità, cioè realizzare la propria meccanicità, completa e assoluta, e la propria impotenza, non meno completa, non meno assoluta. E non è sufficiente comprendere queste cose filosoficamente, a parole. Bisogna rendersene conto attraverso fatti semplici, chiari, concreti, fatti che ci concernono. Quando un uomo comincia a conoscersi un po’, vede in sé stesso delle cose che lo fanno inorridire. Fintanto che un uomo non si fa orrore, non sa niente di sé stesso. Quando comincia a conoscere sé stesso, vede che non possiede niente, tutto ciò che ha considerato come suo, le sue idee, i suoi pensieri, le sue convinzioni, le sue tendenze, le sue abitudini, le sue stesse colpe e i suoi vizi, niente di tutto questo gli appartiene: tutto si è formato per imitazione, oppure è stato copiato da qualche parte, tale e quale.
L’uomo che sente tutto ciò, sente la sua nullità; sentendo la sua nullità, l’uomo si vedrà come egli è in realtà, non per un secondo, non per un momento, ma costantemente, senza dimenticarlo mai più. Se gli uomini potessero veramente rendersi conto della loro reale situazione, se potessero comprenderne tutto l’orrore, sarebbero incapaci di rimanere tali quali sono, anche per un solo secondo. Comincerebbero subito a cercare una via d’uscita, e la troverebbero molto rapidamente, perché vi è una via d’uscita; ma gli uomini non riescono a vederla, per la semplice ragione che sono ipnotizzati. Svegliarsi per l’uomo, significa essere disipnotizzato.
Bisogna rendersene conto attraverso fatti semplici
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