Jacques Camatte, in Il capitale totale, analizza la crisi della classe operaia non come un semplice declino numerico o organizzativo, ma come una trasformazione profonda che segna la fine della sua centralità rivoluzionaria all’interno del sistema capitalistico. Per Camatte, la classe operaia, un tempo vista come il soggetto storico capace di rovesciare il capitale, è stata progressivamente cooptata e integrata nella logica del capitalismo, perdendo la sua autonomia e la sua capacità di opporsi radicalmente al sistema. Questa crisi non è un fallimento accidentale, ma il risultato inevitabile dell’evoluzione del capitale, che ha saputo neutralizzare il potenziale antagonistico dei lavoratori.
Camatte parte dalla constatazione che la classe operaia si è formata in un contesto specifico: l’industrializzazione, con le sue fabbriche e la sua concentrazione di lavoratori, ha creato le condizioni per una coscienza collettiva e per lotte organizzate contro lo sfruttamento. Scioperi, sindacati e movimenti socialisti hanno rappresentato, per un certo periodo, una minaccia reale al capitale, incarnando la possibilità di un’alternativa. Tuttavia, Camatte sostiene che questa centralità è stata erosa nel tempo, non solo dalla repressione, ma da un processo più subdolo: l’integrazione della classe operaia nel sistema capitalistico attraverso concessioni, riforme e la promessa di un miglioramento delle condizioni di vita.
Un elemento chiave della crisi della classe operaia, secondo Camatte, è la trasformazione del lavoro stesso. Con l’avvento dell’automazione e della tecnologia, il lavoro manuale tradizionale – che definiva l’identità della classe operaia – è stato frammentato o sostituito. Le catene di montaggio sono diventate sempre più meccanizzate, e molti lavoratori sono stati relegati a ruoli di controllo o a mansioni precarie, perdendo il senso di appartenenza a una collettività produttiva. Questa dispersione ha indebolito la solidarietà di classe: il lavoratore moderno è spesso isolato, atomizzato, incapace di riconoscersi in un gruppo con un progetto comune. Il capitale ha sfruttato questa frammentazione per disinnescare il conflitto sociale.
Camatte approfondisce questa analisi evidenziando il ruolo dello Stato e del consumo nella cooptazione della classe operaia. Le politiche di welfare, i salari più alti e l’accesso ai beni di consumo – automobili, elettrodomestici, case – hanno creato l’illusione di un’integrazione nel sistema. Il lavoratore non è più solo un produttore sfruttato, ma un consumatore che partecipa attivamente al ciclo capitalistico, legando la propria identità al possesso di merci. Questa trasformazione ha spostato l’attenzione dalla lotta contro il capitale al desiderio di parteciparvi, rendendo la classe operaia complice, seppur involontaria, della propria subordinazione. Per Camatte, questo processo segna la fine del suo ruolo rivoluzionario: il capitale ha assorbito il suo antagonista, trasformandolo in un pilastro del sistema.
La crisi della classe operaia si riflette anche nella perdita di un progetto alternativo. Camatte critica i movimenti operai tradizionali – socialisti, comunisti – per aver fallito nel rompere con la logica del capitale. Anche quando hanno conquistato il potere, questi movimenti hanno spesso riprodotto le dinamiche di sfruttamento e accumulazione, sostituendo il capitale privato con un capitale di Stato. La classe operaia, in questo senso, non è riuscita a emanciparsi dalla mentalità produttivista del capitalismo: ha cercato di gestire il sistema anziché distruggerlo, rimanendo intrappolata nella sua razionalità. Per Camatte, questa incapacità dimostra che il capitale ha colonizzato non solo i corpi, ma anche le menti dei lavoratori.
Questa crisi ha implicazioni profonde per il futuro. Camatte vede nella dissoluzione della classe operaia un segno della totalità del capitale: non esiste più un soggetto privilegiato capace di sfidarlo dall’interno. I lavoratori, integrati e frammentati, sono diventati una massa amorfa, incapace di coagularsi in una forza autonoma. Tuttavia, questa analisi non è solo una condanna: per Camatte, la fine della centralità operaia apre la possibilità di ripensare la lotta contro il capitale oltre i confini della classe, cercando nuove forme di resistenza che non si limitino a replicare le vecchie dinamiche.
La crisi della classe operaia, per Camatte, è la prova del trionfo del capitale come forza universale. Cooptando il suo principale avversario, il sistema ha eliminato una delle poche speranze di rovesciamento interno. La sfida, implicita nella sua riflessione, è immaginare un’opposizione che superi questa integrazione, trovando nella frammentazione non una debolezza, ma un’occasione per una ribellione più radicale e diffusa.
*Il capitale totale* è un saggio di Jacques Camatte che critica il capitalismo come forza totalizzante. Colonizzando vita, lavoro e natura, annulla il progetto umano di autenticità e libertà. Propone una rottura radicale per superare il sistema, oltre riforme o ideologie, verso una società non alienata.
Pinterest • •
La dignità incarnata nella lotta ⋯
Ammiro chi resiste, chi ha fatto del verbo resistere carne, sudore, sangue, e ha dimostrato senza grandi gesti che è possibile vivere, e vivere in piedi anche nei momenti peggiori...
Luis Sepúlveda Le rose di Atacama
Narrativa latinoamericana contemporanea, Racconto, RomanzoLa normalità come prodotto della repressione ⋯
Ciò che noi chiamiamo normale è un prodotto di una repressione, negazione, scissione, proiezione, introiezione, e di altre forme di azione distruttiva dell'esperienza. È radicalmente rimossa dalla struttura dell'essere. (...) La persona alienata normalmente viene considerata sana dal fatto che, più o meno, agisce come gli altri. Altre forme di alienazione che vanno oltre lo stato prevalente di alienazione sono quelli che la maggioranza normale qualifica come cattive o pazze. La condizione di essere alienato, addormentato, incosciente, di essere fuori dalla propria mente, è la condizione dell'uomo normale.
Ronald David Laing La politica dell'esperienza
Anti-psichiatria, Psicologia, Critica socialeLa certezza dell'incertezza ⋯
Nella modernità liquida, la società non conserva più la propria forma per molto tempo. L'unica certezza è l'incertezza. Gli individui sono condannati a una libertà senza precedenti, ma anche a una solitudine e a un'insicurezza esistenziale costanti. I legami sociali si liquefanno, le comunità si dissolvono, e la vita diventa una serie infinita di nuovi inizi e conclusioni affrettate.
Zygmunt Bauman Modernità liquida
Sociologia, Filosofia, Critica socialeL'ostilità verso l'idea non comune ⋯
Le nuove opinioni sono sempre sospette e vengono di solito contrastate per l'unica ragione che non sono ancora diventate comuni.
John Locke Saggio sull'intelletto umano
Empirismo, Filosofia moderna, Saggio filosoficoLe catene invisibili della comunicazione ⋯
La violenza simbolica non colpisce il corpo, ma l'anima: media e pubblicità ci incatenano a una realtà che non vediamo
Jean Baudrillard Patto di lucidità o l'intelligenza del male
Post-strutturalismo, Violenza simbolica, Saggistica
Operai e capitale di Mario Tronti
Pubblicato nel 1966, Tronti analizza la centralità della classe operaia nel capitalismo, ma ne prevede anche la crisi. Collegandosi a Camatte, il testo esplora il conflitto tra lavoro e capitale, offrendo una prospettiva militante che si scontra con l’integrazione descritta, pur condividendo la critica al sistema.
La fine del lavoro di Jeremy Rifkin
Scritto nel 1995, Rifkin esamina come l’automazione trasformi il lavoro, frammentando la classe operaia. La sua analisi economica si intreccia con Camatte, mostrando come la tecnologia e il consumo erodano l’identità collettiva dei lavoratori, spingendo verso una società post-lavoro dominata dal capitale.
Il tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler
Spengler, nel 1918-1922, descrive il declino delle civiltà, includendo la perdita di soggetti storici. Pur non focalizzato sul capitale, il testo offre un parallelo con Camatte sulla crisi di forze rivoluzionarie, suggerendo una riflessione filosofica sulla fine di un’epoca e delle sue dinamiche sociali.
Ancora nessun commento