Carezza (Cardinale e Suora)Un dialogo proibito tra sacro e profano: Caress (Cardinale e Suora)

Caress (Cardinal and Nun), più nota come Cardinale e Suora, olio su tela del 1912 (70 x 80.5 cm), si configura come una scena carica di tensione erotica e spirituale, un confronto diretto tra due mondi apparentemente inconciliabili. L’opera non si limita a una semplice rappresentazione di un incontro, ma si addentra nelle profondità del desiderio umano, esplorando il conflitto tra la spiritualità e la sensualità, tra il dovere religioso e l’attrazione carnale. L’analisi iconografica rivela immediatamente un contrasto cromatico dirompente: il rosso vibrante dell’abito del cardinale, simbolo di passione, di sangue e di vitalità terrena, si contrappone al nero austero dell’abito della suora, emblema di devozione religiosa, di rinuncia al mondo e di morte simbolica. Questo contrasto cromatico non è puramente decorativo, ma assume una valenza simbolica profonda, rappresentando la dicotomia tra le due figure e i loro rispettivi mondi.

L’immagine mostra le due figure strettamente abbracciate, in un gesto che suggerisce una profonda intimità, ma anche una lotta interiore. Il cardinale, con il capo coperto da una papalina rossa, stringe la suora a sé, mentre il suo volto si china verso di lei in un gesto che potrebbe preludere a un bacio. Il volto della suora, parzialmente nascosto dal nero del velo, si volge di lato, in un’espressione ambigua che oscilla tra il desiderio e il timore. Le mani della suora, apparentemente giunte in preghiera, sono descritte come pinze, suggerendo costrizione, tensione interiore e forse anche una resistenza al contatto. Questo dettaglio anatomico, reso con una precisione quasi anatomica, accentua la drammaticità della scena. I suoi polpacci nudi, in netto contrasto con l’abito monacale che ne cela il resto del corpo, divengono un potente simbolo di tentazione, di peccato e di umanità che irrompe nella rigidità della vita religiosa. La carezza stessa, atto di intimità proibita, diviene metafora di un desiderio ineluttabile, di una forza che trascende le convenzioni sociali e i precetti religiosi. La firma e la data EGON SCHIELE 1912 in basso a destra completano l’opera, ancorandola al suo autore e al suo preciso contesto storico e culturale.

L’opera esplora il conflitto universale tra spiritualità e sensualità, tra dovere e desiderio, tra ragione e istinto. Schiele indaga la natura libidinosa dell’uomo, suggerendo l’impossibilità di imbrigliare completamente il desiderio attraverso divieti e convenzioni sociali. Il rosso del cardinale, come evidenziato dal Leopold Museum, simboleggia il desiderio infuocato, una passione che arde sotto la superficie della rispettabilità e del potere ecclesiastico. L’opera si colloca pienamente nel contesto dell’Espressionismo, privilegiando l’espressione delle emozioni interiori attraverso forme distorte, linee spezzate e colori intensi. Il dipinto è permeato di un forte simbolismo che riflette le tensioni psicologiche e i conflitti interiori che tormentavano l’uomo di inizio Novecento. Schiele offre una visione degli abissi del desiderio umano, mettendo in luce le rotture e le polarità che caratterizzano l’esperienza umana, influenzata da Eros e Thanatos, le forze contrastanti dell’amore e della morte, della vita e della distruzione. L’opera viene spesso definita una sorella oscura del celebre Bacio di Klimt, maestro e mentore di Schiele, contrapponendosi all’idealizzazione dell’amore e della fusione spirituale presente in Klimt con una rappresentazione più cruda, disturbante e profondamente umana delle pulsioni umane.

L’opera è un concentrato di simbolismi e metafore che mirano a rappresentare i conflitti interiori, le tensioni e le lotte che caratterizzano l’animo umano, soprattutto di fronte a desideri considerati tabù. La storia della provenienza dell’opera, segnata dalla confisca durante il periodo nazista, aggiunge un ulteriore livello di significato, rendendola testimonianza delle tragiche vicende del XX secolo. La sua complessa storia include passaggi attraverso diverse mani, tra cui Dr. Heinrich Rieger, Friedrich Welz, l’Austrian Gallery Belvedere e, infine, Dr. Rudolf Leopold, che la trasferì alla Fondazione privata Leopold Museum nel 1994. Le parole chiave fornite dal museo (vizio/male/peccato, amorosità/desiderio, cardinale, suora, abbraccio/bacio, gamba inferiore, mano, sguardo oltre la spalla, a piedi nudi, organizzazione/dignitario (chiesa)) rafforzano l’interpretazione dell’opera come una rappresentazione del conflitto tra sacro e profano, tra spiritualità e sensualità, tra repressione e desiderio.

Indicazioni di base
Riepilogo
Crediti
 Joe Conta
 Analisi critica delle opere di Egon Schiele
 SchieleArt •   • 



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