Pochissimi i bianchi, molti invece gli asiatici, capaci di piombare in uno stato diciamo di stupore a furia di ripetere il proprio nome, permettendo alla mente di abbandonarsi a speculazioni sulla cosiddetta identità personale. È una facoltà che di solito tende a sparire col passare degli anni ma, finché dura, ogni momento è buono perché si manifesti.
«Chi è Kim … Kim … Kim?»
Si accovacciò in un angolo della fragorosa sala d’aspetto, strappato ad ogni altro pensiero. Le mani strette in grembo, le pupille ridotte a due punte di spillo. Ancora un minuto – solo mezzo secondo – e avrebbe risolto quell’immane enigma, lo sentiva; ma ecco che, come succede sempre, la mente calò da quelle altezze a precipizio, come un uccello ferito, e Kim, passandosi la mano sugli occhi, scosse il capo.
Chi è Kim … Kim … Kim?
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