49.° Bisognerebbe aver sempre davanti gli occhi l’azione del tempo e la mutabilità delle cose; per conseguenza in tutto quello che accade attualmente, poter immaginare l’opposto: rappresentare dunque a sè con vivi colori nella sventura la felicità, nell’amicizia la nimistà, nel tempo sereno la cattiva stagione, nell’amore l’odio, nella fiducia e nell’espansione il tradimento e il pentimento, e viceversa. Troveremmo così una fonte perenne di vera filosofia pratica su questa terra, perocché saremo sempre cautamente avveduti, nè così facilmente soggetti ad inganni. Del resto nei casi più frequenti non avremo con ciò che anticipato sull’azione del tempo. Ma forse per nessun’altra conoscenza umana è tanto necessaria l’esperienza quanto per il giusto apprezzamento dell’instabilità e del mutare delle cose. Siccome ogni situazione, nel tempo della sua durata, esiste necessariamente e quindi di pieno diritto, sembra che ogni anno, ogni mese ed ogni giornata varranno finalmente a conservarci un tale diritto per l’eternità. Ma nessuna cosa dura, la mutabilità sola è veramente esistente e positiva. Saggio è colui che non è ingannato dall’apparente stabilità delle cose, e che inoltre sa prevedere il nuovo indirizzo che sarà preso nel prossimo cambiamento Il caso ha in ogni cosa umana un campo d’azione così vasto che se noi cerchiamo subito di prevenire per mezzo di sacrifici un pericolo che ci minaccia di lontano, spesso questo pericolo per un nuovo indirizzo impreveduto degli avvenimenti scompare, ed ecco che non solo vanno perduti i sacrifici fatti, ma ancora i cambiamenti che da questi risultarono, riescono, per la mutata condizione delle cose, a dirittura di pregiudizio.
Non dobbiamo quindi, prendendo le nostre misure, andar troppo avanti nell’abbracciare l’avvenire, bensì calcolare anche sul caso ed audacemente affrontare qualche pericolo, sperando che esso, come tante nere nuvole di temporale, passi oltre. (Nota di Schopenhauer). Che gli uomini in via ordinaria tengano come permanente lo stato momentaneo delle cose o la direzione del loro corso, deriva da ciò, che essi pure avendo sotto gli occhi l’effetto non ne comprendono le cause; eppure sono queste che racchiudono in sè il germe dei mutamenti futuri, mentre gli effetti, che soli esistono per costoro, non contengono nulla di simile. Si tengono al risultato nella presupposizione che le cause ignote che ebbero il potere di produrlo, saranno pure in condizione di mantenerlo.
Hanno in questo il vantaggio, quando sbagliano, di sbagliare all’unisono; ne segue dunque che la sventura, da cui sono colpiti in conseguenza dell’errore, è sempre generale, mentre il pensatore, quando s’inganna, si trova per di più isolato. Incidentalmente dirò come si abbia in questo una conferma della mia massima che l’errore procede sempre da una conclusione di effetto a causa. Si veda Il mondo come volontà e come rappresentazione, v. I, p. 90.
Tuttavia solo in via teoretica, e prevedendo la sua azione, dobbiamo anticipare sul tempo: non in via pratica; ciocché vuol dire che non si deve commettere usurpazioni sull’avvenire domandando prima del tempo quello che solamente col tempo ci può esser dato. Chiunque agisce così, esperimenterà presto che non v’ha davvero peggior usuraio, nè più irremissibile del tempo; e che esso, se costretto ad imprestiti, esige interessi più gravi che forse non farebbe un ebreo. Si può, ad esempio, con calce viva e calore spingere la vegetazione d’un albero per modo che nel termine di pochi giorni metta foglie, fiori e frutta; ma poi esso muore. Se il giovinetto vuole esercitare, anche solo per pochi giorni, la potenza virile dell’uomo, e fare a dicianov’anni ciò che gli sarebbe facile a trenta, il tempo gliene concederà bene il prestito, ma una parte della forza degli anni avvenire, forse una parte della sua stessa vita, servirà d’interesse. Vi sono malattie dalle quali radicalmente non si guarisce se non lasciando ad esse il loro corso naturale; dopo di che spariscono da sè medesime senza lasciar traccia. Ma se si esige pronta guarigione, proprio sul momento preciso, anche in questo caso il tempo dovrà dare a prestito; la malattia sarà vinta, ma il frutto da pagare sarà costituito da debolezza e da mali cronici per tutta la vita. Allorché in tempo di guerra o di agitazioni popolari, si vuole valersi di danaro, e subito, proprio nel momento stesso, si è costretti a vendere per il terzo del loro valore, e forse per meno ancora, i beni immobili o le carte dello Stato, di cui si avrebbe l’intero prezzo se si lasciasse tempo al tempo, ossia se si volesse aspettare qualche anno; ma invece si costringe il tempo ad un imprestito. Ovvero si abbisogna di una somma per un viaggio lontano: in capo ad uno o due anni si potrebbe avere il danaro necessario risparmiando sulle proprie rendite. Ma non si vuole aspettare: si cercherà dunque quanto occorre a credenza, o lo si toglierà dal capitale; in altre parole ecco il tempo costretto ad un nuovo prestito. Qui l’interesse sarà un disordine di cassa sempre maggiore, un deficit permanente e crescente da cui non ci libereremo mai. Tale l’usura del tempo; tutti coloro che non sanno aspettare saranno sue vittime. Non havvi impresa più arrischiata del voler affrettare il corso misurato del tempo.
Guardiamoci dunque dall’essergli debitori d’interessi.
50.° Tra i cervelli ordinarî ed i sensati havvi una differenza caratteristica che si produce assai spesso nella vita privata, ed è che i primi quando riflettono sopra un pericolo possibile di cui vogliono apprezzare la grandezza, non cercano e non considerano se non ciò che può già esser avvenuto di simile; mentre gli altri pensano da sè stessi ciò che può accadere, ricordandosi del proverbio spagnuolo che dice: «Quello che non succede nel termine di un anno, succede in capo a pochi momenti». Del resto la differenza di cui parlo è affatto naturale, perocché per abbracciare collo sguardo quanto può accadere, si richiede l’intelletto, e per vedere quello che è successo bastano i sensi.
Sia nostra massima: Sacrifichiamo agli spiriti maligni! Il che significa che non dobbiamo indietreggiare di fronte ad un certo consumo di cure, di tempo, d’incomodi, di difficoltà, di danaro o di privazioni, quando si può così chiudere l’accesso alla eventualità d’una disgrazia e fare che quanto più il pericolo è grave tanto più la possibilità ne divenga piccola, lontana ed inverosimile. La dimostrazione più evidente di questa regola è il premio d’assicurazione. Esso è un sacrifizio pubblico e generale sull’altare degli spiriti cattivi.
51.° Nessun avvenimento deve farci prorompere in grida esagerate d’allegrezza o di lamento, in parte a cagione della mutabilità delle cose che può ad ogni momento cangiarne l’aspetto, e in parte a cagione della fallacia dei nostri giudizi su ciò che per noi può riescire di vantaggio o di pregiudizio; così succede a tutti, almeno una volta in vita, di gemere per ciò che più tardi fu provato essere loro vero e maggior bene, ovvero di rallegrarsi di ciò che divenne poi per essi fonte di immensi guai. Il sentimento raccomandato or ora o presentato da Shakespeare nella bella espressione: «Ho provato tante scosse di gioja e di dolore che mai, al primo aspetto di essi, mi lascio trasportare qual femminuccia verso l’uno o l’altro» Tutto è bene…. atto 3°, scena 2°.
Aforismi sulla saggezza nella vita
Traduzione Oscar D. Chilesotti
Circa la nostra condotta di faccia all'andamento del mondo ed alla sorte
Pinterest • •
Ancora nessun commento