Gustave Doré ⋯ Elia distrugge i messaggeri di Ahazia4.° Il manovale che aiuta a fabbricare un edifizio, non ne conosce il progetto, o non l’ha sempre sotto gli occhi; tale è pure la posizione dell’uomo mentre è occupato a dividere uno per uno i giorni e le ore della sua esistenza in rapporto all’insieme della sua vita ed al carattere fondamentale di essa. Quanto più questo carattere sarà nobile, considerevole, espressivo e individuale, tanto più sarà necessario e benefico per l’individuo il gettare di tempo in tempo uno sguardo sul piano prestabilito della propria vita. È vero che per ciò ei deve aver fatto già un primo passo col «conosci te stesso»: deve dunque sapere ciò che vuole realmente, principalmente e prima d’ogni altra cosa; deve conoscere quello che è essenziale alla sua felicità, e quello che viene solo in seconda o terza linea; deve rendersi conto sommariamente della sua vocazione, della parte che ha da rappresentare nel mondo, e de’ suoi rapporti con la gente. Se tutto ciò sarà importante ed elevato, allora l’aspetto del piano prestabilito della sua vita gli darà forza, lo sosterrà, lo innalzerà più che qualunque altra cosa; questo esame lo incoraggerà al lavoro e lo terrà lontano da quei sentieri che potrebbero fargli smarrire la dritta via.

Solamente quando arriva sopra un’altura il viaggiatore abbraccia a colpo d’occhio e riconosce l’insieme del cammino percorso, colle sue svolte e co’ suoi giri; così pure non è che al termine d’un periodo della nostra esistenza, e qualche volta sul finir della vita, che conosciamo il vero nesso delle nostre azioni, dei nostri lavori, e delle nostre produzioni, il loro preciso legame, il loro concatenamento e il loro valore. Infatti fino a che siamo immersi nella nostra attività noi operiamo solo secondo le proprietà inconcusse del nostro carattere, sotto l’influenza dei motivi e nella misura delle nostre facoltà, vale a dire per assoluta necessità; noi non facciamo in un dato momento che quello che in quel momento ci sembra giusto e conveniente. Solamente in seguito ci sarà permesso d’apprezzare il risultato, e lo sguardo gettato sulle cose passate ci darà contezza del come e del perché. Per questo quando compiamo le più grandi azioni, o quando diamo al mondo opere immortali, non abbiamo coscienza della loro vera natura: esse non ci sembrano che quello che v’ha di più appropriato al nostro scopo d’allora, e di meglio corrispondente alle nostre intenzioni; non riceviamo altra impressione se non quella d’aver fatto precisamente ciò che bisognava fare in quel momento; non è che più tardi che il nostro carattere e le nostre facoltà spiccano in piena luce da quell’insieme e dal suo concatenamento; per mezzo dei dettagli vediamo allora come abbiamo preso la sola vera fra tante strade false quasi per ispirazione e guidati dal nostro genio. Tutto quanto abbiamo detto or ora è vero e in teoria e in pratica, e si applica egualmente ai fatti inversi, vale a dire al male ed alla falsità.

5.° Un punto di molta importanza per la saggezza nella vita si è la proporzione con cui dobbiamo dividere la nostra attenzione tra il presente e l’avvenire affinché l’uno non porti nocumento all’altro. V’hanno molte persone che vivono troppo nel presente: le frivole; altre troppo nell’avvenire: le timorose e le inquiete. Di rado si conserva la giusta misura. Quegli uomini che, mossi dai loro desideri o dalle loro speranze, vivono unicamente nell’avvenire, gli occhi sempre diretti in avanti, che corrono con impazienza incontro al futuro, perocché, pensano, questo è per portar loro fra breve la vera felicità, mentre intanto lasciano passare il presente, che non curano, senza goderlo: costoro somigliano a quegli asini a cui in Italia si fa sollecitare il passo per mezzo d’un fascetto di fieno attaccato ad un bastone davanti la testa: essi vedono il fieno davanti e sempre vicino ed hanno ognora la speranza d’arrivarvi. Tali persone infatti s’ingannano da sé stesse per tutta la loro esistenza non vivendo perpetuamente che ad interim fino alla morte. Perciò invece di occuparci incessantemente ed esclusivamente di piani e di progetti per l’avvenire, o, viceversa, abbandonarci a rimpiangere il passato, dovremmo non dimenticar mai che il presente solo è reale e certo, e che l’avvenire, al contrario, si presenta quasi sempre ben diverso da quello che pensavamo, come pure fu del passato; ciò che in conclusione fa che avvenire e passato hanno molto minor importanza che non sembri. Perocché la lontananza che impiccolisce gli oggetti per l’occhio, li ingrandisce per il pensiero. Il presente solo è vero ed effettivo; esso è il tempo realmente impiegato, e su di esso esclusivamente è fondata la nostra esistenza. Perciò deve meritar sempre agli occhi nostri benevole accoglienze; noi dovremmo gustare, con la piena coscienza del suo valore, ogni ora sopportabile e libera da affanni e da dolori attuali, vale a dire non turbarla col viso rattristato dalle speranze cadute per il passato o dalle apprensioni per l’avvenire. Si può dare stoltezza più grande del respingere una buona ora presente o di guastarla malamente coll’inquietudine dell’avvenire o coi dispiaceri del passato? Diamo il tempo dovuto alle cure, se non al pentimento; ma poi, in quanto ai fatti compiuti, bisogna dirsi: «Abbandoniamo, benché a malincuore, tutto ciò che è passato all’obblio; è necessario soffocar l’ira nel nostro seno.» E in quanto all’avvenire: «Tutto ciò sta sulle ginocchia degli dei» Da Omero. In cambio circa il presente è bene pensare come Seneca: Singulas dies, singulas vitas puta Considera ciascun giorno come una vita separata, e rendersi questo solo tempo reale tanto gradevole quanto meglio è possibile.

I soli mali futuri che devono con ragione preoccuparci sono quelli il cui arrivo ed il cui momento di arrivo sono certi. Ma v’ha ben poca gente che si trovi in questo caso, perocché i mali sono o semplicemente possibili o tutt’al più verosimili, oppure sono certi, ma è incerto il tempo del loro arrivo. Ad allarmarsi per queste due specie di mali non si avrebbe un solo istante di riposo. In conseguenza, allo scopo di non perdere la tranquillità della nostra vita per mali la cui esistenza o la cui epoca sono ignote, conviene abituarci a riguardare gli uni come se non dovessero mai arrivare, e gli altri come se non dovessero di certo arrivare in un tempo vicino.

Ma quanto più la paura ci lascia in riposo, tanto più siamo agitati da desideri, da voglie sfrenate e da strane pretese. La canzone, così nota, di Goethe: «Io ho collocato le mie brame nel nulla» significa, in fondo, che solo quando si sarà liberato da tutte le sue pretese e si sarà ridotto all’esistenza tale quale è realmente nuda e spoglia, l’uomo potrà acquistare quella calma di spirito che è la base dell’umana felicità, perocché tale calma è indispensabile per godere del presente della vita, e dell’avvenire. A tal uopo dovremmo pure ricordarci che il giorno d’oggi non viene che una sola volta, e più mai. Ma invece noi c’immaginiamo che ritornerà domani: però domani è un altro giorno che anch’esso non viene che una volta. Dimentichiamo che ciascun giorno è una porzione integrante, dunque irreparabile, della vita, e lo consideriamo come contenuto nella vita, nello stesso modo che gl’individui sono contenuti nella nozione dell’insieme. Di più apprezzeremmo e gusteremmo molto meglio il presente se nei giorni di benessere e di salute conoscessimo a qual punto, durante la malattia o l’afflizione, il ricordo ci presenta come infinitamente invidiabile ogni ora libera da dolori o da privazioni; che questa ci appare quale un paradiso perduto, od un amico disconosciuto. Ma al contrario noi viviamo i nostri bei giorni senza prestar loro alcuna attenzione, e solamente quando arrivano i cattivi vorremmo richiamare gli altri. Lasciamo passare da canto, senza goderne e senza accordar loro un sorriso, mille ore serene e piacevoli, e più tardi nel tempo triste, portiamo verso di esse le nostre vane aspirazioni. In luogo di condurci così, dovremmo rendere omaggio a quelle attualità sopportabili, fossero pure le più comuni, che lasciamo fuggire con tanta indifferenza, che fors’anche respingiamo con impazienza; dovremmo ricordarci sempre che questo presente precipita ad ogni momento in quell’apoteosi del passato in cui ormai, risplendente della luce delle cose non periture, è conservato dalla memoria, per ripresentarsi agli occhi nostri come l’oggetto della nostra più ardente aspirazione allorquando, soprattutto nelle ore d’affanno, il ricordo viene ad alzare il velo dinanzi le cose che furono.


Crediti
 Arthur Schopenhauer
 Aforismi sulla saggezza nella vita
  Traduzione Oscar D. Chilesotti
  Circa la nostra condotta verso noi stessi
 SchieleArt •   • 



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