Cogito diventa imago
In francese si dice suge comme une image tranquillo come un’immagine: ma la tranquillità dell’immagine non è solo moderazione, è anche la tensione di uno slancio, che si dà e si offre a una presa. La seduzione delle immagini, il loro erotismo non è altro che la loro disponibilità ad essere prese, toccate cogli occhi, con le mani, col cuore o con la ragione, e penetrate. Se la carne ha avuto un ruolo esemplare nella pittura, è perché ne è lo spirito, molto al di là della figurazione delle nudità. Ma penetrare l’immagine, così come il corpo di un amante, vuol dire essere penetrati da esso. Lo sguardo si impregna di colore, l’orecchio si impregna di sonorità. Nella mente non c’è niente che non sia nei sensi: nell’idea non c’è niente che non sia nell’immagine. Io divento il blu del ritratto di Olga, io divento la dissonanza di un accordo, un passo di danza. Io: non è più questione di io. Cogito diventa imago.

Crediti
 Jean-Luc Nancy
 SchieleArt •   • 




Quotes per Jean-Luc Nancy

Il coronavirus in quanto pandemia è, a tutti gli effetti, un prodotto della globalizzazione. Ne precisa i tratti e le tendenze, è un libero-scambista attivo, combattivo ed efficace. Partecipa al grande processo attraverso il quale una cultura si dissolve, mentre si afferma qualcosa che, più che una cultura, è un meccanismo di forze inestricabilmente tecniche, economiche, dominanti ed eventualmente fisiologiche o fisiche (si pensi al petrolio o all'atomo).  Un virus troppo umano

Non c'è da stupirsi se qui genera più confusione che là dove è nato. Perché in Cina si era già sul piede di guerra, che si tratti di mercati o di malattie. In Europa vi era invece un certo disordine: tra le nazioni e tra le aspirazioni. Il risultato di tale disordine è stata l'indecisione, l'agitazione e un difficile adattamento.  Un virus troppo umano

Non lasciarsi ingannare è un imperativo che viene prima del sottrarsi al contagio

Improvvisare non significa suonare senza ripetizione, parlare senza preparazione, bensì prendere in carico la prima volta ogni volta, e in ogni luogo, in modo tale che ogni volta e in ogni luogo noi tocchiamo la prima volta.

L'amore è il nome della fine infinita secondo il buon infinito. In esso il compimento consiste non in una produzione ma in qualche modo nella riproduzione, nella ripetizione, ossia nella ruminatio di un incommensurabile: l'amore, precisamente, come assegnazione (attribuzione, attestazione, dichiarazione e anche creazione: bisognerebbe analizzare tutti questi modi) di un valore assoluto – nemmeno «valente», in qualche modo, o valente di non essere valutabile.