Egon Schiele ⋯ Portrait of Edith (the artist's wife)Una sera ho ricevuto una telefonata da un caro amico. Quando mi ha chiesto come stavo, non so perché gli ho risposto: «Mi sento molto solo».
«Vuoi che parliamo?» mi ha detto. «Vuoi che venga a casa tua?»
Io ho risposto di sì. In meno di 15 minuti lui stava già bussando alla mia porta. E così io gli ho parlato per molte ore di tutto, del mio lavoro, della mia famiglia, dei miei dubbi e dei miei problemi, e lui sempre attento mi ascoltava.
Mi ha fatto bene la sua compagnia, soprattutto il suo ascolto e alla fine si è fatto giorno. «Ora vado, devo andare al lavoro».
«Ti ho tenuto sveglio per tutta la notte,» mi sono scusato io.
Lui mi ha detto: «Non c’è problema, per questo ci sono gli amici!»
L’ho accompagnato fuori e mentre lui camminava verso l’auto gli ho gridato da lontano: «A proposito, perché mi hai telefonato ieri sera così tardi?»
Lui è tornato verso di me e mi ha detto a voce bassa: «Sono stato dal dottore. Sai non sapevo come dirtelo ma ho un cancro». Io ci sono rimasto di stucco, ma lui con un sorriso mi ha detto: «Ne riparleremo, non preoccuparti per me. Stammi bene».
Mi è servito un po’ di tempo per rendermi conto della situazione e mi sono chiesto più volte: perché quando lui mi ha chiesto come stavo, io mi sono dimenticato di lui ed ho solo parlato di me? Come ha avuto la forza di sorridermi, di incoraggiarmi, di ascoltarmi? Da quel giorno ho incominciato a riflettere: cerco di essere meno drammatico con i miei problemi e di dedicare più tempo alle persone a cui voglio bene. Mi sono ricordato di una cosa che lessi una volta e che solo in quel momento capii esserne vera: Colui che non vive per servire… non serve per vivere.
La vita è come una scala, se tu guardi in alto, sarai sempre l’ultimo della fila, ma se tu guardi in basso, vedrai che ci sono molte persone che desidererebbero essere al tuo posto.

Crediti
 Roberto Vecchioni
 SchieleArt •   • 



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