Lyotard introduce il concetto di performatività come criterio dominante per la valutazione del sapere. In questo contesto, la conoscenza è giudicata non tanto in base alla sua verità o al suo valore intrinseco, ma in base alla sua efficacia e alla sua capacità di produrre risultati tangibili. Questo principio influenza profondamente il modo in cui la ricerca viene condotta e finanziata.
Il concetto di performatività è fondamentale nell’analisi di Jean-François Lyotard sulla trasformazione del sapere nelle società postmoderne. Per Lyotard, la performatività diventa il criterio principale per la valutazione e legittimazione del sapere, soprattutto nelle società postindustriali avanzate, dominate da logiche capitalistiche e tecnocratiche. Questo concetto si riferisce all’efficienza di un sistema nel produrre risultati misurabili, ottimizzando il rapporto tra input e output. Applicato al sapere, implica che la conoscenza non viene più giudicata per la sua verità, bellezza o valore intrinseco, ma per la sua capacità di produrre risultati tangibili, misurabili e, soprattutto, economicamente vantaggiosi.
La performatività ha radici profonde nella logica capitalista, in cui l’efficienza e la produttività sono gli obiettivi principali. Nel contesto del sapere, questo significa che la conoscenza diventa uno strumento per migliorare l’efficienza economica e il controllo sociale, piuttosto che un fine in sé. Le conseguenze di questa visione sono vaste e coinvolgono diversi ambiti.
Nel campo della ricerca scientifica, per esempio, la performatività porta a un crescente orientamento verso applicazioni pratiche e risultati commercializzabili. La ricerca di base, spesso guidata dalla pura curiosità intellettuale o dalla volontà di esplorare teorie astratte, viene sminuita a favore di progetti che promettono risultati immediatamente utili. Questo cambiamento modifica il modo in cui la scienza viene praticata e finanziata, favorendo gli studi che possono dimostrare la loro utilità in termini economici o tecnologici.
Anche l’educazione è profondamente influenzata dalla performatività. I programmi scolastici e universitari sono sempre più valutati in base alla loro capacità di formare studenti pronti a entrare nel mercato del lavoro. I curricula si orientano verso competenze pratiche e commerciabili, mentre il tradizionale obiettivo dell’educazione umanistica, che mirava alla formazione di cittadini critici e autonomi, viene progressivamente messo da parte. Le università, sotto pressione per adattarsi alle richieste del mercato, rischiano di perdere la loro funzione di spazi di libero pensiero e di sperimentazione intellettuale.
Le politiche pubbliche non sono esenti dall’influenza della performatività. Le decisioni politiche in materia di ricerca e educazione sono spesso guidate da considerazioni di efficienza economica e competitività internazionale, piuttosto che da ideali di giustizia sociale o progresso umano. Questo si traduce in un supporto limitato per quelle forme di sapere che non producono risultati misurabili o immediatamente utili, ma che potrebbero avere un grande impatto culturale o sociale nel lungo periodo.
Anche la valutazione degli accademici è sempre più dominata da criteri performativi. I ricercatori e gli insegnanti vengono giudicati non tanto per la qualità delle loro idee, ma per il numero di pubblicazioni, citazioni e fondi di ricerca che riescono a ottenere. Questo crea una cultura della produttività accademica che privilegia la quantità sulla qualità, e che rischia di soffocare l’innovazione intellettuale.
Lyotard teme che la dominanza della performatività conduca a una marginalizzazione di quelle forme di conoscenza che non si prestano facilmente a misurazioni di efficienza o utilità economica, come le scienze umane, le arti e la filosofia. Queste discipline, sebbene cruciali per la comprensione della condizione umana, rischiano di essere messe da parte o de-legittimate in un mondo che valuta tutto in termini di prestazioni misurabili.
Infine, Lyotard riconosce che la performatività non è solo un’imposizione esterna, ma deriva in parte dalla logica interna dello sviluppo scientifico e tecnologico. La scienza moderna, con il suo focus sugli esperimenti e sulla verifica empirica, ha sempre avuto un elemento di performatività. Tuttavia, il pericolo sta nella sua totale dominanza. Lyotard suggerisce che potrebbero emergere nuove forme di legittimazione del sapere basate su criteri diversi dalla mera efficienza, valorizzando il dissenso, la diversità e l’innovazione.
Il capitale culturale di Pierre Bourdieu
In questo libro, Bourdieu esplora come il sapere e la cultura agiscano come forme di capitale nelle società moderne. Discute la relazione tra educazione, potere e disuguaglianza sociale, mostrando come la cultura possa essere uno strumento di riproduzione delle gerarchie sociali. Il testo offre una riflessione profonda sulla connessione tra conoscenza, potere e le strutture economiche della società.
La società della prestazione di Byung-Chul Han
Han analizza come la società contemporanea sia ossessionata dalla prestazione, spingendo gli individui a ottimizzare ogni aspetto della loro vita in termini di produttività. Questo libro offre un parallelo alla riflessione di Lyotard, mostrando come l’idea di performatività si estenda non solo alla conoscenza ma anche alla vita personale, generando stress e alienazione.
Il sapere come potere di Michel Foucault
Foucault esplora il legame tra conoscenza e potere nelle strutture sociali moderne. Il libro analizza come la conoscenza venga utilizzata per esercitare controllo sociale e politico, con una prospettiva critica che arricchisce il discorso di Lyotard sulla performatività, suggerendo che il sapere non è mai neutrale ma sempre intriso di rapporti di potere.
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