Mettiamoci ora completamente nel punto di vista dell’economista, e confrontiamo, secondo lui, le pretese teoriche e pratiche degli operai.
Secondo il suo stesso concetto, l’economista ci dice che, originariamente, tutto il prodotto del lavoro appartiene all’operaio. Ma allo stesso tempo ci dice che in realtà all’operaio viene restituita solo la parte più piccola e indispensabile del prodotto; solo quella necessaria affinché egli esista non come uomo, ma come operaio, affinché perpetui non l’umanità, ma la classe schiava degli operai.
L’economista ci dice che tutto si compra con il lavoro e che il capitale non è altro che lavoro accumulato, ma allo stesso tempo ci dice che l’operaio, molto lontano dall’essere in grado di comprare tutto, deve vendere sé stesso e la sua umanità.
Mentre i redditi del pigro proprietario terriero in genere ammontano a un terzo del prodotto della terra, e il profitto dell’indaffarato capitalista arriva persino al doppio dell’interesse del denaro, ciò che l’operaio guadagna è, nel migliore dei casi, quanto basta perché, su quattro figli, due muoiano di fame. Mentre, secondo l’economista, il lavoro è l’unico mezzo con cui l’uomo aumenta il valore dei prodotti naturali, la sua proprietà attiva, secondo la stessa Economia Politica, il proprietario terriero e il capitalista, che come proprietario terriero e capitalista sono semplicemente dei privilegiati e oziosi dei, sono ovunque al di sopra dell’operaio e gli dettano leggi.
Mentre, secondo l’economista, il lavoro è l’unico prezzo invariabile delle cose, non c’è nulla di più casuale del prezzo del lavoro, nulla è soggetto a maggiori fluttuazioni.
Contraddizioni nel sistema capitalista
Crediti
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