Ruben Patella ⋯ EntropiaIl mito del buon selvaggio è una delle immagini stereotipate più persistenti e deumanizzanti che il colonialismo ha impresso nella coscienza collettiva. Frantz Fanon, nel suo libro Contro il colonialismo, critica duramente questo mito, sottolineando come esso sia un’immagine stereotipata e deumanizzante dell’indigeno, che serve a giustificare l’oppressione e il dominio coloniale.

Fanon sostiene che il mito del buon selvaggio è un costrutto ideologico che nasce dalla necessità del colonizzatore di legittimare il proprio dominio. Secondo questo mito, gli indigeni sono visti come esseri primordiali, innocenti e naturali, che non hanno bisogno di civiltà o cultura. Questa immagine serve a giustificare l’intervento coloniale come un atto di civilizzazione e salvataggio, che mira a educare e migliorare gli indigeni.

Tuttavia, Fanon sottolinea che questo mito è profondamente deumanizzante, in quanto riduce gli indigeni a una condizione di inferiorità e subordinazione. Questa riduzione è il risultato di un processo di alienazione culturale, in cui il colonizzato viene costretto ad adottare la cultura del colonizzatore, perdendo così la propria identità originale. Il mito del buon selvaggio, quindi, non solo dehumanizza gli indigeni, ma anche giustifica la loro oppressione e il loro dominio.

Fanon critica anche l’uso del mito del buon selvaggio nella letteratura e nell’arte coloniali, che spesso rappresentano gli indigeni in modo stereotipato e deumanizzante. Queste rappresentazioni servono a consolidare l’immagine del buon selvaggio nella coscienza collettiva, creando un’illusione di superiorità culturale e morale del colonizzatore. Fanon sostiene che queste rappresentazioni sono un mezzo per mantenere il dominio coloniale e per perpetuare l’oppressione degli indigeni.

Inoltre, Fanon sottolinea che il mito del buon selvaggio ha profonde implicazioni psicologiche, in quanto crea una frattura nella coscienza del colonizzato. Questa frattura è il risultato di un processo di internalizzazione del dominio, in cui il colonizzato inizia a vedere sé stesso attraverso gli occhi del colonizzatore. Questo processo di internalizzazione crea una frattura nella coscienza del colonizzato, che inizia a dubitare della propria identità e del proprio valore.

La critica di Fanon al mito del buon selvaggio è un appello alla decolonizzazione della mente e della coscienza. Fanon sostiene che la lotta per la decolonizzazione deve essere accompagnata da una critica radicale delle ideologie e delle rappresentazioni che sostengono il sistema oppressivo. Questo significa che la lotta per la decolonizzazione deve essere vista come una lotta per la liberazione della mente e della coscienza, che mira a riappropriarsi della propria identità e della propria dignità.

Il mito del buon selvaggio è un costrutto ideologico deumanizzante che serve a giustificare l’oppressione e il dominio coloniale. Frantz Fanon ci ricorda che la critica di questo mito è essenziale per la decolonizzazione della mente e della coscienza, e per costruire una nuova identità nazionale che sia in grado di resistere alle pressioni esterne e di mantenere viva la memoria storica del popolo.

Crediti
 Autori Vari
  Sinossi del libro 'Contro il colonialismo' di Frantz Fanon
  L'alienazione e l'identità
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