Condanno l’ignoranza che in questo momento regna sia nelle democrazie che nei regimi totalitari.
Un’ignoranza così forte, spesso così assoluta, che la si direbbe voluta dal sistema se non dal regime.
Ho riflettuto spesso a quella che potrebbe essere l’educazione del bambino.
Penso che ci vorrebbero delle cognizioni di base, molto semplici, per cui il bambino saprebbe di esistere in seno all’universo, su di un pianeta di cui dovrà più tardi preservare, gestire le risorse, e imparerebbe che egli dipende dall’aria, dall’acqua, da tutti gli esseri viventi, e che il minimo errore o la minima violenza rischia di distruggere ogni cosa. Imparerebbe che gli uomini si sono ammazzati fra loro in guerre che non han fatto che produrre altre guerre, e che ogni paese manipola la propria storia in modo menzognero così da lusingare il proprio orgoglio.
Gli si insegnerebbe, del passato, quanto basta perché si senta collegato agli uomini che l’hanno preceduto, perché li ammiri quando meritino di esserlo, senza farsene degli idoli; né si trascurerebbe l’insegnamento del presente o di un ipotetico futuro. (…)
Gli si insegnerebbe ad amare il lavoro quando il lavoro è utile, e a non lasciarsi sedurre dalle falsificazioni pubblicitarie, (…).
Esiste certamente un modo di parlare ai bambini di cose realmente importanti più precocemente di quanto non si faccia.
Sembra utopica e, nelle circostanze presenti, effettivamente lo è, ma ciò che è utopico non è necessariamente impossibile.
Sarebbe, per la prima volta, un’educazione umana. E si potrebbe almeno tentare di indirizzarsi in quella direzione invece di correre rovinosamente nel senso contrario.
Correre rovinosamente nel senso contrario
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