La cultura di oggi è fatta di offerte, non di norme.
Come ha notato Pierre Bourdieu, la cultura vive di seduzione, non di regolamentazione; di pubbliche relazioni, non di controlli polizieschi; della creazione di nuovi bisogni/desideri/esigenze
, non di coercizione.
Questa nostra società è una società di consumatori e anche la cultura, come tutto il resto del mondo visto-e-vissuto
dai consumatori, diventa un emporio di prodotti destinati al consumo, ciascuno dei quali si trova in concorrenza con gli altri per conquistare l’attenzione mutevole/vagante dei potenziali consumatori, nella speranza di riuscire ad attrarla e a trattenerla per poco più di un attimo fuggente.
La strategia «giusta» (l’unica ragionevole?) è quella di abbandonare gli standard troppo rigidi, compiacersi nel non fare distinzioni, accontentare tutti i gusti senza privilegiarne uno, promuovere la saltuarietà e la «flessibilità» (nome politicamente corretto per indicare l’assenza di spina dorsale) ed esaltare l’instabilità e l’incoerenza; fare i pignoli, mostrarsi sorpresi e stringere i denti è vivamente sconsigliato.
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