Darsi da fare
Ognuno dovrebbe avere un’occupazione conforme alle proprie capacità. Quanto la mancanza di un’attività organizzata, di un qualsiasi lavoro, agisca negativamente su di noi, è evidente nei lunghi viaggi di piacere durante i quali, non di rado, ci si sente davvero infelici, perché senza una vera occupazione si è per così dire sottratti al proprio elemento naturale. Darsi da fare, lottare contro qualcosa che resiste è un bisogno dell’uomo, come per la talpa lo è lo scavare. Lo stato di quiete del totale appagamento, per effetto di un godimento durevole, gli sarebbe intollerabile. Il pieno godimento della sua esistenza consiste nel superare ostacoli, siano essi di ordine materiale, come nell’attività pratica o nel commercio, oppure di ordine spirituale, come nello studio e nella ricerca scientifica: la felicità è data dalla lotta contro questi ostacoli, e dalla vittoria.

Crediti
 Arthur Schopenhauer
 Consigli sulla felicità
  A cura di Giuliana Proietti
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Quotes per Arthur Schopenhauer

Aristotele, che dichiara la vita filosofica essere la vita più felice. E ancora riguarda lo stesso tema ciò che dice nella Politica (IV, 11): τον ευδαιμονα βιον ειναι τον χατ'αρετην ανεμποδιατον che, tradotto nel suo significato più profondo, vuol dire: «la vera e propria felicità consiste nel poter esercitare, senza alcun impedimento, le proprie doti eccezionali».  La saggezza della vita

Allo stesso modo che la carta moneta sostituisce l'argento, così nel mondo sono in circolazione, in luogo del vero rispetto e della vera amicizia, le dimostrazioni esterne e i gesti, imitati nel modo più naturale possibile, di tali sentimenti. D'altro canto però ci si può anche domandare se vi sia poi della gente che meriti realmente quel rispetto e quell'amicizia. Ad ogni modo io do più importanza allo scodinzolare di un onesto cane, che non a centinaia di tali dimostrazioni e atteggiamenti.

La morte di ogni uomo buono è di regola placida e dolce; ma morire di buon grado, morire volentieri, morire gioiosamente, è un privilegio del rassegnato, che rinuncia e rinnega la volontà di vivere. Perché egli soltanto vuole morire per davvero e non solo in apparenza, e quindi non ha bisogno e non pretende una sopravvivenza della sua persona. Rinuncia di buon grado all'esistenza che noi conosciamo: quel che ne ottiene in cambio, ai nostri occhi è nulla perché, riferita a quello, la nostra esistenza è nulla. La fede buddhistica lo chiama Nirvana, ossia estinzione.  Il mondo come volontà e rappresentazione

Il bisogno di società, che scaturisce dal vuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l'uno verso l'altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l'uno lontano dall'altro. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.  Parerga e paralipomena

Se coloro che compiono opere degne di fama non lo facessero per amore delle opere stesse o per la propria gioia, ma avessero bisogno di essere incoraggiati dal desiderio della gloria, l'umanità avrebbe acquistato ben poche opere immortali, se non nessuna.