In regime capitalistico la produzione è determinata dalla volontà unilaterale del capitalista, il quale decide la qualità e la quantità della sua produzione. Tale decisione deriva unicamente dalla necessità di acquisire il maggior profitto possibile che verrà accumulato e reinvestito, per crearne del nuovo e in quantità sempre maggiore.
In base a questi calcoli il capitalista decide se aumentare, diminuire o mantenere costante la propria produzione. Essa è dunque unicamente determinata dalle leggi di mercato, non programmata in base alle aspettative sociali come invece vorrebbe la trasformazione socialista della produzione. Il regime produttivo è perciò «anarchico», e in esso, come afferma Engels, «il prodotto domina il produttore».
L’anarchia di produzione si ripropone su vasta scala anche con la concentrazione di capitale, poiché nell’ambito del capitalismo monopolistico il fine della produzione è pur sempre il massimo profitto non più individuale, ma da ripartire tra le diverse figure del capitalismo monopolistico stesso.
Una forma caratteristica di anarchia della produzione è rappresentata dalla fabbricazione di prodotti industriali la cui vendita può essere sollecitata solo artificialmente con mezzi pubblicitari, come nell’industria dell’abbigliamento dove talvolta il reale fabbisogno dei prodotti è del tutto secondario rispetto alle esigenze del profitto.
Dizionario enciclopedico marxista
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a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare di Torino
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