Revisionismo
Opera sistematica di correzione e di presunto ammodernamento dei principi teorici del marxismo. Consiste essenzialmente nel considerare superata o una singola tesi di Marx o un intero settore della ricerca da lui svolta; i revisionisti considerano infatti l’opera di Marx come una dottrina superata dai fatti e propongono delle varianti parziali in alcuni casi, e in altri l’abbandono totale dell’analisi storico-economica marxiana. Il revisionismo si accompagna in generale all’opportunismo e al riformismo, e testimonia la penetrazione diretta del pensiero borghese, delle «idee della classe dominante» nel corpo teorico del marxismo.

Tendenze revisioniste si sono più volte presentate nella storia del movimento operaio, soprattutto nei momenti più difficili, quando cioè più forte è stato il tentativo della borghesia di influenzare la lotta del proletariato, agendo sul piano della teoria. In generale anzi l’influenza revisionista rappresenta proprio lo strumento nelle mani della borghesia per la rottura dell’unità della classe operaia. Dalla pericolosità di queste influenze derivò il drastico giudizio che Lenin diede di ogni tendenza riformista e revisionista, ritenuta non come l’ala destra del proletariato, ma proprio come l’ala sinistra della borghesia in seno alla classe operaia.

Il massimo esponente del revisionismo, intendendo con questo il movimento sorto nella socialdemocrazia tedesca verso la fine del secolo XIX, fu Eduard Bernstein. Egli sostenne, dietro una presunta operazione di rinnovamento del marxismo, un ritorno a idee premarxiane, rifacendosi a quelle correnti di pensiero, dominanti in quel tempo nelle università tedesche, che sostenevano il «ritorno a Kant», cioè a un pensatore considerato non materialista e non dia1ettico. Mentre i circoli filosofici neo-kantiani affermavano «essere Kant l’autentico fondatore del socialismo» ed elencavano le condizioni per la conciliazione tra il kantismo e il socialismo nella sua forma organizzata (eliminazione radicale del materialismo quale fondamento del socialismo, accettazione dell’idea di Dio quale coronamento storico del socialismo e il rispetto dei concetti di diritto e di Stato come autonomi dai rapporti sociali), ciò si intrecciava e si alimentava con le tendenze revisioniste nel movimento operaio che si muovevano nelle medesime direzioni.

Così obiettivo principale della revisione di Bernstein era la confutazione della dialettica, sulla cui base poter sviluppare poi la negazione dell’analisi storico-economica di Marx. «Ciò che Marx ed Engels hanno prodotto di grande, essi l’hanno prodotto non grazie alla dialettica hegeliana, ma malgrado essa» scriveva nel 1899 Bernstein. Così egli dimostrava di non aver compreso in quale modo Marx si era appropriato di Hegel e quindi ciò che risultava dalla sua confutazione non era affatto una critica al materialismo dialettico e storico, bensì allo sviluppo idealistico del suo concetto. Nel 1908, esaminando il dibattito sul neokantismo, Lenin così ne effettuava la sintesi:

«Nel campo della filosofia il revisionismo si è messo a rimorchio della scienza borghese professorale. I professori ritornano a Kant, e il revisionismo si trascina dietro i neokantiani. I professori ripetono le banalità pretesche, mille volte rimasticate, contro il materialismo filosofico, e i revisionisti, sorridendo con condiscendenza, borbottano … che il materialismo è stato da un pezzo confutato. I professori considerano Hegel come un cane morto e predicando essi stessi l’idealismo, ma un idealismo mille volte più meschino e banale di quello hegeliano, alzano con sprezzo le spalle a proposito della dialettica, e i revisionisti si cacciano dietro a loro nel pantano dell’avvilimento filosofico della scienza, sostituendo alla dialettica sottile (e rivoluzionaria) la semplice (e pacifica) evoluzione» Lenin, Marxismo e Revisionismo, in Opere scelte, vol. unico, p. 21.

Così come la filosofia che reclamava questo ritorno a un pensiero premarxiano esprimeva in veste teorica esigenze concrete della classe dominante o di una parte di essa, anche il revisionismo di Bernstein aveva una base nella situazione del movimento operaio organizzato. Come è stato osservato, il partito legale di grandi dimensioni acquisiva nuove caratteristiche; tutto il suo apparato burocratico, partitico e sindacale, non viveva «più per, ma del movimento operaio».

In campo politico la revisione si espresse nel rifiuto incondizionato della prospettiva rivoluzionaria a vantaggio di un’ipotetica, vittoriosa soluzione elettorale; vennero negati gli elementi di fondo del materialismo storico e di conseguenza vennero dati giudizi completamente sbagliati sui vari fenomeni che si accompagnavano alla trasformazione del capitalismo in senso monopolistico; la vecchia teoria meccanicistica del crollo spontaneo fu abbandonata e sostituita semplicemente con la negazione della possibilità di un crollo del sistema capitalistico, in nome dello sviluppo democratico delle istituzioni e del graduale, progressivo, allargamento della democrazia borghese fino al socialismo. Su questa base la socialdemocrazia si trasformava da «partito della rivoluzione sociale» in «partito di riforme sociali», di cui Lenin elencava i caratteri:

«Si nega la possibilità di dare un fondamento scientifico al socialismo e di provare che, dal punto di vista della concezione materialistica della storia, esso è necessario e inevitabile; si nega il fatto della miseria crescente, della proletarizzazione, dell’inasprimento delle contraddizioni capitalistiche; si dichiara inconsistente il concetto stesso di scopo finale e si respinge categoricamente l’idea della dittatura del proletariato; si nega l’opposizione di principio tra liberalismo e socialismo; si nega la teoria della lotta di classe, che sarebbe inapplicabile in una società rigorosamente democratica, amministrata secondo la volontà della maggioranza, ecc.» Lenin, Che Fare? pp. 36-37.

Le vicende storiche dei paesi in cui prevalse il revisionismo dimostrano più che a sufficienza la sua fragilità teorica e pratica; la giusta preoccupazione del rinnovamento si era di fatto conclusa col ritorno a una filosofia di cui Marx aveva denunciato a suo tempo i limiti; l’idea stessa che le classi al potere avrebbero accettato le regole del gioco democratico non appena queste si fossero volte seriamente a loro disfavore era, prima ancora che non marxista, puerile.

Nell’analisi del revisionismo occorre mettere in rilievo questo elemento: l’arricchimento e lo sviluppo originale del marxismo sono esigenze poste dalla sua stessa natura antidogmatica e dialettica. L’analisi concreta della situazione concreta, l’elaborazione della teoria a partire dalle pratiche specifiche nei diversi campi del sapere e dell’agire umano, rappresentano momenti indispensabili all’esistenza stessa del marxismo, che non vanno però confuse con quel «procedimento puramente revisionista» nel quale la ricerca del nuovo si confonde con la liquidazione dei punti essenziali della teoria e della pratica rivoluzionaria.


Crediti
 Autori Vari
 Dizionario enciclopedico marxista
  www.resistenze.org
  a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare di Torino
 SchieleArt •   • 



Tags correlati