Con questo nome si comprendono forme diverse di attività pratiche; qui, il riferimento è limitato a quelle impegnate nella produzione materiale mediante l’uso organizzato degli elementi e delle forze naturali, derivante dalla conoscenza scientifica della natura.
L’interesse di Marx e Engels per la tecnica è continuo; essa è la forma concreta in cui si svolge «il ricambio organico» dell’uomo con la natura, il modo effettivo di essere dei processi di produzione, lo schema intorno al quale si organizza la fabbrica. I suoi progressi cambiano il mondo naturale, creano nuove fonti di ricchezza, determinano la qualità del lavoro.
In pari tempo le nuove invenzioni tecniche diventano strumenti di distruzione e di dominio nelle mani di coloro che controllano il potere attraverso la proprietà dei mezzi di produzione; questa contraddizione ha portato all’interno del marxismo a diverse valutazioni della tecnica, specialmente in tempi recenti di fronte al suo eccezionale sviluppo e alla sua presenza massiccia nella vita quotidiana.
Così hanno preso corpo ipotesi che guardano la tecnica come un elemento non separabile dal capitalismo; è il caso, per esempio, di certe correnti del marxismo occidentale che identificano la tecnica con la «logica del dominio»; l’uso della tecnica ai fini del dominio di classe non sarebbe infatti un provvedimento dall’esterno preso in un secondo tempo ma sarebbe già incluso negli scopi generali della tecnica stessa. Secondo Marcuse la tecnica contiene già come proprio scopo quello di organizzare gli uomini in modo da favorire gli interessi della classe dominante; donde il tramonto del concetto di rivoluzione com’era inteso da Marx, cioè come liberazione della scienza e della tecnica dal dominio di classe; infatti un simile concetto di rivoluzione presuppone una continuità dell’apparato tecnico che costituirebbe un «legame totale» tra il vecchio e il nuovo modo di produzione.
Ora è fuori di dubbio che la tecnica, al pari della scienza e di qualsiasi altra attività, sia condizionata dal o asservita al capitalismo e con ogni probabilità è anche vero, come sostengono taluni, che è stata sviluppata e utilizzata più per assicurare il massimo controllo della forza-lavoro dentro e fuori la fabbrica, che per portare a un livello ottimale i processi di produzione; ma è altrettanto sicuro che la semplicistica e meccanica identificazione tra tecnica e capitalismo non ha niente a che vedere col punto di vista del marxismo. Scriveva Marx in proposito: «Poiché le macchine, considerate in sé, abbreviano il tempo del lavoro, mentre, adoperate capitalisticamente, prolungano la giornata lavorativa, poiché le macchine in sé alleviano il lavoro e adoperate capitalisticamente ne aumentano l’intensità, poiché in sé sono vittoria dell’uomo sulla forza della natura e adoperate capitalisticamente soggiogano l’uomo mediante la forza della natura, poiché in sé aumentano la ricchezza del produttore e usate capitalisticamente lo pauperizzano, ecc., l’economista borghese dichiara semplicemente che la considerazione delle macchine in sé dimostra con la massima precisione che tutte quelle tangibili contraddizioni sono una pura e semplice parvenza della ordinaria realtà, ma che in sé, e quindi nella teoria, non ci sono affatto. Così risparmia di doversi ulteriormente stillare il cervello, e per giunta addossa al suo avversario la sciocchezza di combattere non l’uso capitalistico delle macchine, ma le macchine stesse» Il Capitale, libro I, p. 486.
Le macchine, prodotto materiale della tecnica, hanno dunque un valore d’uso che non viene meno per il mutamento del modo di produzione; la tecnica e la scienza fanno parte del processo di intervento dell’uomo sulla natura, sono elementi costanti di questo processo, «recitano la loro parte … in tutti i tempi e in qualunque circostanza», sono condizioni dell’esistenza umana. Identificarle con la formazione economico-sociale che le amministra è un modo di spacciare il capitalismo come «elemento naturale immutabile»; infatti accanto alla versione critica di questa identificazione, sopra accennata, ne esistono altre di tendenza diametralmente opposta.
È il caso, per esempio, delle dottrine ispirate alla tecnostruttura, termine con il quale si indica in poche parole lo stato maggiore delle grandi imprese, provvisto di tutte le conoscenze scientifiche e tecniche necessarie per decidere delle attività dell’impresa non più in base al profitto immediato di un capitalista ma nel generale interesse della produzione intesa in senso astratto svincolata dalle vecchie formule del capitalismo, della classe, dello sfruttamento; cose del passato che la tecnologia, intesa come scienza che ha per oggetto le singole tecniche, avrebbe liquidato sostituendovi l’orientamento del mercato, l’assicurazione graduale degli operai alla tecnostruttura, la programmazione a lunga scadenza, la razionalizzazione della produttività. Tutto ciò forma la tipica ideologia del neocapitalismo.
Dizionario enciclopedico marxista
www.resistenze.org
a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare di Torino
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