Un altro tema centrale sollevato da Lanier è la distorsione della realtà operata dai social media. Gli algoritmi delle piattaforme non sono neutri; sono progettati per privilegiare i contenuti che generano maggiore interazione, indipendentemente dalla loro veridicità o qualità. Questo porta a una pericolosa distorsione della percezione della realtà da parte degli utenti.
Quando navighiamo sui social media, non stiamo semplicemente vedendo un riflesso oggettivo del mondo, ma piuttosto una versione altamente curata e spesso distorta. I contenuti estremi, polarizzanti e sensazionalistici tendono a prevalere, perché catturano più attenzione e generano più clic, commenti e condivisioni. Di conseguenza, le piattaforme favoriscono la diffusione di notizie false, teorie del complotto e contenuti divisivi, contribuendo a una visione del mondo che è spesso più negativa e frammentata di quanto non sia nella realtà.
Questo fenomeno è noto come “filter bubble” o bolla di filtraggio, in cui gli utenti sono esposti principalmente a contenuti che confermano le loro credenze preesistenti, mentre opinioni e fatti contrastanti vengono minimizzati o ignorati. Questa segmentazione dell’informazione può portare a un rafforzamento delle convinzioni estreme e a un aumento della polarizzazione sociale e politica.
La distorsione della realtà operata dai social media non è solo una questione di cattiva informazione, ma ha implicazioni profonde per la democrazia e il dibattito pubblico. Se le persone non possono più accordarsi su un insieme condiviso di fatti, diventa estremamente difficile trovare soluzioni comuni ai problemi sociali e politici. In questo senso, i social media non solo riflettono le divisioni esistenti, ma le amplificano e le esacerbano.
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