Ormai, non soltanto abbiamo percorso il dominio dell’intelletto puro, esaminandone accuratamente ogni parte, ma l’abbiamo altresì misurato, ed abbiamo assegnato ad ogni cosa che vi si ritrova il suo posto. Questo dominio, tuttavia, è un’isola, e risulta rinchiuso dalla natura stessa entro confini immutabili. È la terra della verità (nome allettante), circondata da un oceano vasto e tempestoso che è la vera e propria sede dell’illusione, dove molti banchi di nebbia e numerosi ghiacci, che presto saranno liquefatti, suggeriscono falsamente nuove terre, e incessantemente ingannando, con vane speranze, il navigatore errabondo e avido di scoperte, lo invischiano in avventure, che egli non potrà mai troncare, ma neppure potrà mai condurre a termine. Tuttavia, prima di arrischiarci su questo mare, per esplorarlo in lungo e in largo, e per accertare se da qualche parte vi sia da sperare in alcunché, sarà utile anzitutto gettare ancora uno sguardo sulla carta di questa terra, che vogliamo appunto abbandonare. È allora opportuno domandare a noi stessi, in primo luogo, se a rigore non ci si possa accontentare di ciò che questa terra contiene, o anche, se non sia giocoforza accontentarci di questo, nel caso in cui da nessuna parte vi sia altrove un terreno su cui poter edificare; in secondo luogo, a quale titolo noi possediamo proprio questa terra, e possiamo considerarci garantiti contro ogni pretesa ostile.
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