Don Chisciotte – Tra realtà e fantasia

Un’opera quando è tale, non può essere di sola fantasia, sempre è striata di quel reale che passa negli interstizi di una realtà che occlude ogni accesso e tende comunque a separare ogni cosa. Eppure basta un attimo, un indizio, una sola fuoriuscita a sorpresa, ed abbiamo il gesto reale per quanto insano nella stessa realtà, e abbiamo l’opera che, mediata dalla fantasia, fa sì, che il reale sia così accettato e acclamato.

Una flotta di pirati comandata da Aymas Preston va a Caracas per saccheggiarla. Un traditore soprannominato Villapando, ha insegnato loro un percorso remoto per schivare le varie fortezze che custodiva la città. Ma un vecchio gentiluomo, don Alonso Andrea de Ledesma si interpone e, in sella al suo cavallo con una lancia arrugginita, affronta una mezza dozzina di avversari e riesce a ferirne alcuni prima di cadere sotto le loro sciabole. La storia del coraggioso hidalgo fu presto conosciuta in tutta la Spagna. Miguel de Cervantes, che in quei giorni cominciò a scrivere Don Chisciotte della Mancia, potrebbe essere stato ispirato – come alcuni storici credono – da quell’aneddoto per creare il suo capolavoro.

Conoscere l'impresa del 'Don Chisciottè del Venezuela
Questa è la storia di don Alonso Andrea de Ledesma, uno dei primi conquistatori e colono della valle di Caracas, dove arrivò con Diego de Losada. Ciò che in questo momento ci interessa, sono i fatti avvenuti il 29 maggio del 1595, poiché qui si colloca l’audace gesto di questo signore ormai avanti negli anni, che farà parlar di sé. Quel che accadde in quel giorno, è che circa 500 pirati arrivarono nella capitale sopra menzionata, guidati dal corsaro inglese Amyas Preston, dopo aver saccheggiato quel poco che trovò sulle coste, mentre attraversava La Guaira (porto in Venezuela, a soli 30 km da Caracas). E vi arrivarono, grazie alle indicazioni di uno spagnolo, un certo Villapando, che per quattro monete, si vendette al nemico, per riscuotere poi la sola morte, in quanto fu impiccato.

Panorámica presa dal Pico Naiguatá verso la zona del Pico Oriental, donde si apprezzaa parte di Caraballeda a sinistra, dove Preston y Somers transitarono nel 1595 per invadere Caracas a destra

Questi, indicò loro un vecchio sentiero, aperto dall’antica tribù lì residente – i Caracara – una via questa, praticamente mai custodita dai conquistatori. Infatti, era sull’altro versante, totalmente militarizzato, che un esercito di 800 uomini, per la maggior parte indigeni, li attendevano per fronteggiarli e impedire il loro ingresso, dal cosiddetto Camino de los Españoles (sentiero situato nella montagna Avila che collega la valle di Caracas al mare). E fu così, che il corsaro e i suoi uomini giunsero a sorpresa a Santiago de Leon de Caracas e, mentre gli abitanti terrorizzati si erano dati alla fuga, ecco che, davanti agli occhi increduli dei pirati, si manifesta uno strano personaggio, sembra quasi uscire da un romanzo, e forse un giorno, da lì tornerà ad essere, ma per ora, siamo ancora in quella che chiamiamo realtà. E ciò che qui avviene, è che è proprio un uomo quello che avanza in sella al suo cavallo, indossa una vecchia armatura e in testa una bacinella come elmo e, impugnando quella lancia arrugginita, va a scagliarsi tutto solo contro un nemico in forze e numero. Questo signore è proprio don Alonso Andrea de Ledesma e, se dapprima Preston, da l’ordine di catturarlo vivo, ammirato nel vedere questa figura di uomo che tutto solo avanza con coraggio, poi, quando vede che questi inizia a far vittime tra i suoi, si trova costretto a ordinare che sia colpito. E fu allora che gli archibugi suonarono la loro melodia di morte e l’intrepido cavaliere cadde a terra. Nel rimuovere l’armatura, il capitano inglese si rese conto che l’audace e feroce cavaliere, altro non era che un vecchio alto e magro con una barba bianca, e così, in suo omaggio – e a livello simbolico a tutti valorosi come lui – diede disposizioni, affinché i suoi uomini lo portassero in città in processione, per poi essere sepolto con grandi segni di onore e rispetto.

Don Chisciotte della Mancha è nato a Caracas?
 ⋯

Qui resterai attaccata a questo uncino, ciondoloni a questo fil di ferro o mia cara penna, non so se bene o mal temperata.

Per me sola nacque Don Chisciotte e io per lui: egli seppe operare ed io scrivere.

Miguel de Cervantes Saavedra è universalmente noto per essere l’autore del romanzo Don Chisciotte della Mancia, uno dei capolavori della letteratura mondiale di ogni tempo. La sua influenza sulla letteratura spagnola è paragonabile a quella di Dante nella letteratura italiana: tutt’e due hanno unificato la lingua. Detto ciò, proviamo a capire, soprattutto dopo aver letto la storia di questo hildago, don Alonso Andrea de Ledesma, se a lui si sia ispirato Cervantes per il suo don Chisciotte. La sua opera fu pubblicata in due volumi: il primo nel 1605, dunque, dieci anni dopo quanto successo a Caracas con Ledesma, e il secondo nel 1615. Di certo Cervantes, non può non avere saputo di un episodio così clamoroso, gli accadimenti americani poi, si commentavano ad alta voce ovunque in Spagna, e un fatto così tipicamente spagnolo come quello di Ledesma non poteva essere ignorato, e tanto meno a Siviglia, in cui Cervantes visse tra il 1587 e 1602. Chi conosce il don Chisciotte, non può non aver rilevato somiglianze, fra l’uomo realmente esistito e il personaggio che si suppone inventato, leggendo la storia di quello che a suo modo un don Chisciotte lo è stato, se non altro per quell’idealismo che li accomuna, laddove immancabile il realismo li bilancia e contrasta: l’uno vivendo in quel periodo d’incursione dei pirati inglesi nell’entroterra, l’altro a livello rappresentativo nel suo scudiero Sancho Panza. Anche il nome è lo stesso, Alonso Quijano, il personaggio, che solo in seguito, diventerà il famoso Don Quijote, che in italiano, in quella che è una traduzione maldestra, diciamo fonetica dallo spagnolo, sarà don Chisciotte. Poi, che dire delle somiglianze fisiche, la stessa età e, soprattutto, quella bacinella come elmo, insomma, sono tanti i tratti specifici che fanno sì, che leggendo la storia di Ledesma, l’immagine che arriva alla mente, non può non essere che quella del don Chisciotte letterario. Certo, nulla che si possa provare, tutto solo supporre, lasciando a intuito e immaginazione il resto, e ogni cosa com’è. Ogni autore del resto si sa, nasconde le sue fonti gelosamente, magari anche a se stesso, chi può dirlo… e, per strano o no che possa sembrare, già dall’incipit di quest’opera, luogo e nome del personaggio sono velati da una nube di incertezza: In un borgo della Mancha, di cui non voglio ricordare il nome, non molto tempo fa viveva un gentiluomo di quelli con la lancia nella rastrelliera…. Questo personaggio e il luogo nascono nel vago, come salissero da un inconscio che in certi punti fa resistenza, che sia Ledesma e il luogo Caracas, colonia spagnola e anche di violenze e soprusi, che dunque sarebbe meglio tacere? Ovviamente, per non dare importanza alla situazione in quelle terre, e trasportarla nell’arida steppa della Mancia con un personaggio tutto d’un pezzo. Ma da dove arriva tutto ciò, può essere che questa cosa così astratta e impalpabile e che chiamiamo fantasia non passi dall’inconscio? Di questo dubito assai, anche se di certo, nulla posso dire riguardo all’autore che senz’altro, ha composto il suo romanzo con ciò di cui era intriso, ma se Ledesma direttamente gli abbia ispirato il personaggio, come pure indirettamente, questo non si può o non c’è dato sapere. L’autore scrisse questo lavoro, per combattere l’aumento dei libri di cavalleria folli, come dice nella prefazione: … Non è stato un altro mio desiderio di mettere in testa al genere umano le storie false e sciocche dei libri caballerías … . Per realizzare questa idea, Cervantes scrive un altro libro di cavalleria, con un don Chisciotte che cerca di essere un cavaliere errante come quelli che appaiono nei libri, ma nello stesso tempo, ne fa una parodia di questi, come un comico che cercando di ridicolizzare un personaggio, ne imita ed esagera i suoi lineamenti, anche se forse, questo personaggio è davvero esistito, in quella stessa società del XVI secolo, e precisamente a Caracas.

Crediti
 Anna Maria Tocchetto
 Don Quijote de La Mancha: ¿realidad o ficción?
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Sergio Parilli
 Anna Maria T.




Quotes per Anna Maria Tocchetto

La vita è una favola che ci raccontiamo,
ma se così non fosse, sarebbe vivere e basta
e non ci basta;
sarebbe respirare, cosa questa fondamentale,
eppure non basta,
non basta una vita o un miliardo di queste,
a farci indossare l'essenziale
e a farcelo bastare.

Divide senz'altro, impera, dubito che qualcuno imperi, di certo gli opposti si attraggono, per la loro similitudine, visto che prima ci dividono e poi ci costringono a stare insieme; e di conseguenza, ci si annienta anche quando si vorrebbe amare, e laddove si deve gratificare, si paga il disturbo.

Parlare è facile quando non se ne sente il peso, la consistenza, quando la parola non sei tu, ma solo un qualcosa che esce dalla tua bocca. E allora, tutto si può dire, tutto si lascia dire… ed è così, che si è amici, si è amanti, si è quel tutto che si vuole e che non costa niente… infatti, basta solo dire.

Schiele utilizza una linea tagliente ed incisiva per esprimere la sua angoscia e per mostrare impietosamente il drammatico disfacimento fisico e morale. Il colore acquista un valore autonomo, non naturalistico, risultando particolarmente efficace nei moltissimi acquerelli e disegni di allucinata tensione.

Chi o cosa, veramente c'è stato, non lascia
strascichi ma, solo quel pieno di vita nel
vuoto scavato di sé.