Perché i fumatori si sono solo dimezzati? Perché c’è voluto tutto questo tempo? Già nel 1949 il 60 percento degli americani diceva che il fumo di sigaretta faceva male alla salute. Allora, e a maggior ragione oggi, l’ostacolo non era la mancanza di informazioni. Come possiamo conciliare la consapevolezza diffusa che il fumo uccide con il fatto che negli Stati Uniti ci sono ancora più fumatori (quasi trentotto milioni) dell’intera popolazione canadese? Perché un uomo consapevole e attento come Barack Obama si concede ancora di tanto in tanto un’abitudine che, in media, riduce le aspettative di vita di vent’anni? Probabilmente per la stessa ragione per cui una persona consapevole e attenta come Obama non ha affrontato in modo adeguato i cambiamenti climatici. Molte forze sono più potenti di una minaccia concettuale.
I produttori di sigarette hanno modificato geneticamente il tabacco perché dia una dipendenza doppia rispetto a cinquant’anni fa e hanno promosso i propri prodotti soprattutto nelle aree a basso reddito, spesso vicino alle scuole. Hanno offerto sigarette gratuite nei quartieri di case popolari e distribuito buoni per le sigarette insieme ai buoni alimentari. Nonostante l’aumento del costo, quasi i tre quarti dei fumatori vengono da zone a basso reddito.
I movimenti sociali come la vaccinazione contro la poliomielite, #MeToo, le campagne antifumo e l’ambientalismo fanno passi avanti grazie a forze concomitanti ma sono anche intralciati da forze concomitanti.
Può darsi che la vaccinazione pubblica di Elvis abbia contribuito all’incredibile aumento nelle immunizzazioni, ma non ne è stata la causa. Secondo lo storico di Cambridge Stephen Mawdsley: Di sicuro contribuì a far vaccinare gli adolescenti, ma il dato interessante è che non si trattò di una spinta decisiva. La svolta vera arrivò grazie agli adolescenti stessi. Con l’aiuto della National Foundation for Infantile Paralysis, crearono un gruppo chiamato Teens Against Polio, fecero propaganda porta a porta e organizzarono feste in cui potevano entrare solo persone vaccinate. In quell’occasione si manifestò per la prima volta o quasi la capacità degli adolescenti di capire ed entrare in sintonia con i propri coetanei.
A innescare i cambiamenti sociali, proprio come i cambiamenti climatici, sono una molteplicità di reazioni a catena simultanee. Entrambi si inseriscono in una sequenza di cause ed effetti correlati.
Non si può attribuire un uragano, una siccità o un incendio a un singolo fattore, esattamente come non si può attribuire a un singolo fattore il minore consumo di sigarette, eppure in tutti i casi ogni fattore ha avuto una sua importanza. Quando serve un cambiamento radicale, molti sostengono che sia impossibile indurlo attraverso azioni individuali, per cui è inutile provarci. È vero invece l’esatto contrario: l’impotenza dell’azione individuale è la ragione per cui tutti devono provarci.
Il 1º novembre 2018, ventimila impiegati di Google, secondo le stime, parteciparono a una protesta su scala internazionale incrociando le braccia per contestare il modo in cui l’azienda aveva gestito alcuni casi di molestie sessuali. Gli scioperi furono organizzati in meno di una settimana e vi prese parte oltre il 60 percento degli uffici di Google sparsi nel mondo. La risposta collettiva fu particolarmente significativa perché sfidava quel genere di individualismo che regna sovrano sull’etica della Silicon Valley. In un comunicato stampa, gli organizzatori della protesta dichiararono: «Siamo parte di un movimento che sta crescendo non solo nelle aziende tecnologiche ma in tutto il paese, e coinvolge insegnanti, lavoratori dei fast food e altri che usano la loro forza numerica per operare un cambiamento reale». Una settimana dopo, Google acconsentì alla prima richiesta degli organizzatori: mise fine all’arbitrato obbligatorio per le molestie sessuali. (L’arbitrato obbligatorio in passato aveva impedito che i casi di molestie sessuali arrivassero in tribunale.) Nell’arco di alcuni giorni, Facebook, eBay e Airbnb fecero altrettanto.
In meno di una settimana era stata organizzata una protesta internazionale. Una settimana dopo, Google aveva cambiato la propria politica aziendale. Alcuni giorni dopo, altre tre grosse compagnie avevano fatto altrettanto. Tutti questi cambiamenti erano avvenuti in meno di un mese.
La poliomielite sarebbe rimasta incurabile se qualcuno non avesse inventato un vaccino – un’impresa che richiese un’architettura di sostegno (la raccolta di fondi tramite la March of Dimes) e delle conoscenze (i progressi medici di Jonas Salk). Ma sarebbe stato impossibile arrivare all’approvazione del vaccino senza un’ondata di «pionieri della polio» che si offrirono volontari per i test: i loro sentimenti furono irrilevanti; fu la loro partecipazione all’azione collettiva che consentì di rendere pubblica la cura. E l’approvazione di quel vaccino sarebbe stata inutile se non avesse dato vita a un fenomeno di diffusione sociale, e dunque a una norma: il suo successo fu il risultato al tempo stesso delle campagne pubblicitarie dall’alto e del sostegno dal basso.
Chi debellò la polio? Nessuno.
Tutti.
Possiamo salvare il mondo prima di cena
traduzione di Irene Abigail Piccinini
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