E come? Il dubbio sulla possibilità pare legittimo già anche soltanto per quella ragione, per cui Socrate contestava a Protagora il suo insegnamento della virtù. Se filosofia è la complessiva saggezza, con cui si attua ed in cui si risolve la vita – e questa, volgarmente espressa, è sempre stata e sarà l’essenza della filosofia – da chi mai potremo prenderne lezione? L’incolto si crede spesso, e qualche volta è, più saggio del dotto, nei diversi casi del vivere umano. E i dotti, poi, son tanti e di tanto diversa dottrina; e tutti si credono, e sono, saggi. Apprenderemo la saggezza dal vago vivere sognante del poeta, o dal preciso misurare del matematico? (…) Gli uomini tuttavia, che, desiderosi di tal saggezza, ricercandola, si rivolgono ad altri, non si rendono conto della contraddittoria natura che essa in tal caso manifesta. Si tolgono d’ogni imbarazzo andando o mandando da coloro che di tal saggezza si dicono dottori. Ma l’imbarazzo che non sente chi chiede, deve sentire colui che deve dare. Non sentirlo è indizio che il docente di filosofia è nella stessa attitudine spirituale dell’ignaro che la chiede ad altri: attitudine di inconscia contraddizione, spiegabile in quest’ultimo come punto di partenza, ma intollerabile nel primo. Siamo dunque nel pieno regno della contraddizione. Contraddittoria la filosofia che è sapere universale (abbiamo detto: la complessiva saggezza) e determinato sapere; contraddicentesi chi non crede alla filosofia, perché nega insieme ed afferma di cogliere ed attuare lui, proprio in quanto non credente alla filosofia, la universale saggezza ; contraddicentesi chi alla filosofia crede, ma chiede che gliela insegnino coloro che la professano, perché chiede ad altri, e quindi suppone solo in essi, quella complessiva saggezza che complessiva non può essere in quanto posta in altri : esclude almeno quella, sia pur minima, saggezza di chi chiede. Se il filosofo, dunque, a cui l’ignaro s’è rivolto, deve sentire l’imbarazzo di quanto gli si chiede, non deve sentire altro che la contraddittorietà della propria e dell’altrui posizione dinanzi a tal richiesta. In questa coscienza si distingue la posizione sua da quella del credente e del non credente. E in questo appunto sta la sua attitudine filosofica. (…) Giacché la filosofia, posta come oggettivo sapere, non può non ridursi ad un ammasso di nozioni disparate e contraddittorie, ad un sapere che è sapere di nulla, perché manca proprio del carattere che lo rende un qualche cosa: lo sforzo perché sia trovato. E perciò nel sapere filosofico non troviamo teoremi, né leggi, né principi, né definizioni da mettere insieme. Trasportate di peso i teoremi spinoziani nella vostra oggettiva filosofia, ed essi avranno perduto ogni valore, che pure hanno in sommo grado come costitutivi di quell’insigne monumento che è l’Etica di Spinoza. È proprio come voler vedere, p. es., il valore poetico dell’inferno dantesco nella pura favola del viaggio sotterraneo tra dannati, o tutto il valore eroico, p. es. , del Risorgimento italiano nell’Italia parlamentare cui ha messo capo. Bisogna persuadersi che filosofia non c’è punto senza il pensiero che la scopre e proprio nell’atto in cui la scopre, giacché essa sta proprio in questo scoprire e non solo nel pensiero scoperto. In tal senso il così detto storicismo è essenziale alla filosofia, sia che essa si distingua dalla sua storia, sia che invece si risolva in questa.
È possibile un insegnamento della filosofia?
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