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I pericoli per lo sviluppo del filosofo oggi in verità sono così vari che si potrebbe dubitare se questo frutto potrà mai giungere a maturazione. Il terreno e la torre delle scienze sono cresciuti a dismisura, come anche la probabilità che il filosofo si stanchi già da allievo o si fermi in qualche luogo e «si specializzi»: e così non giungerà più alla vetta, cioè alla visione d’insieme, circolare, alla visione di ciò che sta sotto. O vi giungerà troppo tardi, quando il suo miglior tempo e la sua energia saranno già svaniti; o danneggiati o resi più grossolani, degenerati, cosicché la sua vista, il suo giudizio complessivo di valore avranno un significato sempre minore. Proprio la delicatezza della sua coscienza intellettuale lo farà forse esitare ed indugiare lungo il cammino; egli teme la seduzione del dilettantismo, del millepiedi e milletentacoli, egli sa troppo bene che uno che abbia perso il rispetto di sé, non comanda più, non guida più, anche se è un uomo della conoscenza, egli dovrebbe allora accettare di diventare il grande attore, il Cagliostro filosofo e il cacciatore di topi degli spiriti, in breve il seduttore. Dopo tutto questo è un problema di gusto: se non fosse addirittura un problema della coscienza.

A ciò si aggiunge, per moltiplicare ancora la difficoltà del filosofo, che egli pretende da sé un giudizio, un sì o un no, non sulla scienza, ma sulla vita e il valore della vita – che egli impara a stento a credere di avere un diritto o addirittura un dovere a questo giudizio e che deve cercare la via verso quel diritto e quella fede solo dopo numerose esperienze – forse importune e distruttrici – e spesso indugiando, dubitando e ammutolendo. In realtà per molto tempo la massa ha disconosciuto il filosofo e lo ha confuso sia con lo scienziato e il dotto ideale, sia con l’entusiasta dell’elevata religiosità, desensualizzato, «smondanizzato» o con l’ebbro di Dio; e se ancor oggi si sente lodare qualcuno perché vive da «saggio» o «da filosofo», ciò non significa quasi niente di più che «accortamente e in disparte».

Saggezza: alla plebe ciò sembra una specie di fuga, un mezzo e un’acrobazia per trarsi fuori con successo da un gioco rischioso; ma il vero filosofo – non pare così a noi, amici miei? – vive «non da filosofo» e «non da saggio», e soprattutto senza accortezza e sente il peso e l’obbligo di cento tentativi e cento tentazioni della vita: – egli rischia costantemente sé stesso, egli gioca il gioco rischioso…

Crediti
 Friedrich Nietzsche
 Al di là del bene e del male
  Noi dotti
 SchieleArt •   • 



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