Sulla riva di un oceano tropicale, nei mille bagliori dell’argentea luce di una luna invisibile, fra le ondulazioni delle acque in tumulto, senza posa mutevoli… Nel taciturno frangersi, nelle trepidazioni della distesa illuminata, nel martirizzante va e vieni delle chiazze di luce, nello stracciarsi d’anelli e d’archi e linee luminose, nelle occultazioni e nelle riapparizioni, nei danzanti fulgori che si deformano, riformano, contraggono, spianano, per tornare a ridistribuirsi davanti a me, con me, in me, annegato e insopportabilmente malmenato, mille volte violata la mia calma dalle lingue dell’oscillante infinito, invaso sinusoidalmente dalla ressa, immensa di mille pieghe, delle linee liquide, io ero e non ero, preso, perso – io ero nella massima ubiquità. I mille e mille lampeggiamenti erano i miei mille laceramenti.
Ero nella massima ubiquità
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