Estraneazione e individualità dell'io
L’io si pone al centro del reale e lo pre-occupa. All’io infatti interessa solo ciò che si ordina a questo centro, importando la costruzione di uno spazio fittizio, esclusivamente suo, separantesi da ciò che, così, gli risulta estraneo: è estraneazione infinita dall’altro, sua radice. Attribuendosi consistenza, l’io nella sua individualità irriducibile, toglie essere all’essere, lo depaupera senza avvertire che così neanche l’io mai sarebbe nella sua astrazione. Il suo stare individuale – che è volontà di persistere nel tempo, velleità di essere oltre il tempo – l’io fa essere l’essere di contro a sé, ma tale contrasto, alimentantesi della sola posizione dell’io, non è possibile mai più sanare fino a che l’io pretenda di essere. Ricorrere ad atteggiamenti come la rinuncia a sé stesso, l’abnegazione che riduca la considerazione di sé, svilimento davanti ai propri occhi, non serve.

Crediti
 Giovanni Romano Bacchin
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