La odiavano, la odiano i benestanti: per povera, per donna, per insolente. Lei li sfida parlando e li offende vivendo. Nata per essere serva, o al massimo attrice in drammi economici. Evita si è spostata dal suo posto. La volevano, la vogliono i maltrattati; dalla sua bocca essi dicevano e maledicevano. Inoltre, Evita era la fata bionda che abbracciava il lebbroso e lo straccione e dava pace al disperato, la sorgente incessante che dispensava impieghi e materassi, scarpe e macchine da cucire, dentiere, corredi da sposa. I miseri ricevevano queste elemosine da fianco, non dall’alto, anche se Evita sfoggiava gioielli sgargianti e in piena estate indossava pellicce di visone. Non è che perdonassero il lusso: lo celebravano. Il popolo non si sentiva umiliato ma vendicato per i suoi abiti da regina. Davanti al corpo di Evita, circondato da garofani bianchi, il popolo passa in lacrime. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, la fila di torce: un corteo lungo due settimane. Sospirano sollevati gli usurai, i mercanti, i signori della terra.
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