Fare l’amorale

Quando si sta bene nella propria pelle (compatta, morbida ma delicata e cremosa; sensazione di rassodamento immediata, senso di benessere durevole; come rimodellati i tratti e l’ovale del viso più regolare: insomma, ti senti pronta per essere venduta presso una farmacia concessionaria), bene nella propria casa, nella propria pelle, nella propria professione e confessione, bene nella solitudine del proprio conto in banca e nei propri investimenti a garanzia di eventuali rovesci di fortuna da qualche altra parte, diventa quasi insopprimibile il bisogno di insegnare qualcosa agli altri che, speri, stanno peggio di te. Anzi: li si tratta da pari a pari; ci si mette di sotto di un gradino per farli planare più docilmente all’imbocco del nostro pulpito. Diffidenza diffidenza! […] Ogni volta che stai per introiettare una morale che ti sembra stare in piedi da sola, chiediti quanto rimane a te di ciò che ti sembra così appropriato e quante proprietà ha suppergiù che te l’ha appena fatta e fatta digerire. Solo allora decidi se farla tua; in caso di incertezza, abbandonala alle sue stampelle di cui stavi per diventare tu stessa una protesi. Dimentichiamo troppo spesso che l’intelligenza, quando si spinge fino a proporsi come modello di intelligenza, diventa la negazione di sé stessa, diventa cioè la furbizia in persona mascherata al suo meglio. È con questa doppia furbizia che si seducono coloro che dispongono solo di un’unica furbizia come i più. […] O seguace delle mie scampagnate, sappi che i suggerimenti che si adattano alla tua vicina di banco sono controindicati per te, e abbi sempre questa cosa bene in testa: i maschi che scrivono sulle donne, scrivono contro le donne; le donne che scrivono per le donne le odiano a tal punto da pensarle in quanto donne. Sono tutti matti e un po’ venduti. Io no. E se lo fossi, non andrei certo a dirlo in giro.