L’intruso si introduce di forza con la sorpresa o con l’astuzia, in ogni caso senza permesso e senza essere stato invitato, bisogna che vi sia un che di intruso nello straniero che altrimenti perderebbe la sua estraneità. Se ha già diritto d’ingresso e di soggiorno, se è già aspettato e ricevuto senza che niente di lui resti al di là dell’attesa e dell’accoglienza, non è più l’intruso, ma non è più nemmeno lo straniero. Una volta giunto, se resta straniero e per tutto il tempo che lo resta, invece di naturalizzarsi, semplicemente, la sua venuta non cessa, continua a venire e la sua venuta resta in qualche modo una sua intrusione. Rimane cioè senza diritto, senza familiarità e senza consuetudine: un fastidio e un disordine nell’intimità. È questo che si tratta di pensare e praticare, altrimenti l’estraneità dello straniero viene riassorbita prima ancora che lui stesso abbia varcata la soglia; e non è più in questione. Accogliere lo straniero deve essere anche provare la sua intrusione. Anche se per lo più non lo si vuole ammettere: il motivo dell’intruso è esso stesso un’intrusione nella nostra correttezza morale (è anche un esempio cruciale contro il political correct). Questa correttezza morale presuppone che si riceva lo straniero annullando sulla soglia la sua estraneità: pretende quindi che non lo si sia affatto ricevuto. Ma lo straniero insiste e fa intrusione. È proprio questo che non è facile accettare e neppure forse concepire…
Fastidio e disordine nell’intimità
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