Parlare della storia della geopolitica, come fa Dugin nel suo Geopolitica. Manuale della scienza delle civiltà, significa ripercorrere il modo in cui l’umanità ha cercato di dare senso al potere attraverso lo spazio. Non è una novità del Novecento: già gli imperi antichi, da Roma alla Persia, intuivano che controllare terre e mari significava controllare popoli. Ma è con i moderni – Mackinder, Mahan, Haushofer – che la geopolitica prende forma come scienza, un’ossessione per capire chi vince e chi perde nel grande risiko globale.
Le élite globali non sono mai state estranee a questo gioco. Pensiamo all’espansione coloniale britannica: non era solo avidità, ma strategia, un modo per dominare i mari e soffocare le potenze terrestri. La talassocrazia, qui, mostra il suo volto: il mare come arma per piegare chi sta sulla terraferma. Dugin rilegge questa storia con un occhio critico, mostrando come ogni epoca abbia avuto il suo scontro tra tellurocrazia e talassocrazia, tra chi pianta radici e chi naviga.
Il Novecento, con le sue guerre mondiali e la Guerra Fredda, è il culmine di questa tensione. Gli Stati Uniti emergono come eredi della talassocrazia britannica, usando portaerei e basi sparse per il mondo per tenere a bada l’URSS, gigante tellurocratico. Ma la storia non si ferma: oggi, con la Cina che costruisce isole artificiali e la Russia che riafferma il suo spazio euroasiatico, la partita ricomincia. Le élite globali, arroccate nei centri finanziari, continuano a spingere per un dominio fluido, senza frontiere, mentre le potenze terrestri cercano di resistere.
Dugin non fa solo cronaca: la storia della geopolitica, per lui, è una lezione. Mostra che il potere non è mai neutrale, ma legato a come si occupa lo spazio. Le élite talassocratiche lo sanno e lo usano per mantenere il controllo, dipingendo le loro mosse come inevitabili. Eppure, la storia dice altro: i cicli si ripetono, e chi capisce la geopolitica può cambiare il gioco.
Geopolitica. Manuale della scienza delle civiltà di Aleksandr Dugin è un'opera che espone una visione geopolitica complessa, basata sull'idea di un conflitto fondamentale tra potenze terrestri (tellurocrazia) e potenze marittime (talassocrazia).
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Matteo Ricci
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