Un tema su cui pochi intellettuali si sono impegnati è il diritto ad essere un vagabondo; la libertà del girovagare. Eppure il vagabondare è liberazione, e la vita sulla strada aperta è l’essenza della libertà.
Avere il coraggio di spezzare le catene con cui la vita moderna ci ha appesantito (con il pretesto di offrirci maggiore libertà), prendere il simbolico bastone, la bisaccia e andar via!
Per chi comprende il valore e il diletto sapore della libertà solitaria (perché nessuno è libero se non è solo) il partire è, in assoluto, l’atto più bello e coraggioso.
Forse una felicità egoistica. Ma sempre felicità per chi ne sa apprezzare il gusto.
Essere solo, essere bisognoso di tutto, essere ignorato, essere un fuorilegge che è di casa in ogni luogo e camminare in modo maestoso e da soli alla conquista del mondo.
Il viandante pieno di salute che, seduto lungo la strada, esplora l’orizzonte aperto di fronte a lui non è forse l’assoluto padrone della terra, delle acque e persino del cielo?
Forse una felicità egoistica
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