Egon Schiele
Haidt punta il dito su un nemico subdolo: la paura di sbagliare, che sta paralizzando i giovani. Nella grande riorganizzazione dell’infanzia, smartphone e social media hanno alzato la posta in gioco, trasformando il fallimento da lezione di vita a disastro da evitare a tutti i costi. Oggi i ragazzi vivono sotto una lente d’ingrandimento digitale, dove ogni passo falso può finire online, giudicato da tutti. E questo, dice Haidt, sta minando la loro crescita personale.

Prima, un errore era una cosa privata: cadevi, ti rialzavi, imparavi. Ora, con i social, ogni scivolone diventa pubblico. Haidt racconta di adolescenti terrorizzati all’idea di non essere perfetti, perché un post sbagliato o un voto basso possono sembrare la fine del mondo. Gli smartphone tengono questa pressione sempre accesa: notifiche che ricordano cosa fanno gli altri, filtri che nascondono i difetti, ma solo in superficie. Il risultato è una generazione che evita i rischi, perché sbagliare fa troppa paura.

C’è un lato psicologico profondo. Haidt spiega che il fallimento è essenziale per sviluppare resilienza e autostima. Ma se passi la vita a guardare vite perfette online, l’idea di non essere all’altezza diventa insopportabile. Gli studi che cita mostrano un legame chiaro: più tempo sui social, più ansia e meno voglia di provarci. La grande riorganizzazione ha tolto ai ragazzi lo spazio per sperimentare, sostituendolo con un mondo dove ogni mossa è calcolata, ogni errore amplificato.

Non è solo colpa della tecnologia, però. La società spinge verso il successo a tutti i costi: scuole competitive, genitori ansiosi, modelli irraggiungibili. Haidt suggerisce di cambiare prospettiva: insegnare ai giovani che sbagliare è normale, persino utile. Meno schermi, più momenti per provare e fallire senza drammi. Perché se la paura del fallimento vince, non cresce solo l’ansia, ma una generazione che non osa più sognare in grande.

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