Gli avvenimenti della notte
Quando i Kurava sentirono quel tumulto assordante provenire dagli accampamenti dei nemici, si preoccuparono molto. Cosa stava succedendo? qual era la ragione di tanto frastuono? cosa stavano celebrando? Abhimanyu era morto da poco e i Pandava non avevano ragione di festeggiare, bensì di disperarsi. Duryodhana cadde nella più nera ansietà, finché non arrivarono le spie.

Presto, ditemi, chiese, perché i Pandava e i loro alleati hanno suonato i loro strumenti? Cosa stanno festeggiando?

Arjuna è appena venuto a conoscenza della morte dell’amato figlio e ha giurato di vendicarlo uccidendo il re Jayadratha prima del tramonto; se non dovesse riuscirvi, entrerà nel fuoco e si lascerà morire.

A queste parole Jayadratha impallidì di colpo e non riuscì a spiccicare parola. Il terrore lo aveva catturato, confondendolo completamente.

Se Arjuna ha giurato di uccidermi domani, lo farà certamente, farfugliò. Non ho speranze contro di lui e Krishna. Ma io non rimarrò: sarebbe un suicidio. Domani tornerò al mio regno.

Duryodhana lo calmò.

No, non devi fuggire. La situazione che si è creata può tornare a nostro vantaggio. Se domani Arjuna non riuscirà a mantenere la sua promessa, noi ci saremo sbarazzati dell’ostacolo più ostico che si frappone fra noi e la vittoria. Non dobbiamo lasciarci sfuggire una simile opportunità.

Tutti lo abbiamo visto combattere; cosa pensi che potrebbe fermarlo? Questa non è una sfida, ma un inutile suicidio. Io domani me ne andrò.

Sì, l’ho visto combattere, e non c’è dubbio che è uno dei guerrieri più forti che esistano. Ma se tutti noi ci batteremo con il solo scopo di salvare te, egli non avrà scampo, e sarà perduto. O pensi forse che potrebbe sconfiggere uomini come Drona, Karna, Shalya e migliaia di altri uniti per uno stesso fine? E tu, non dimenticarlo, sei un maharatha, capace da solo di fronteggiare Arjuna. Resta, e dacci l’opportunità di eliminarlo dal combattimento.

Jayadratha, malgrado non si sentisse per nulla rassicurato, si lasciò convincere dalle parole del Kurava.

I generali concertarono il piano per il giorno seguente: la prima consegna per tutti era di non permettere che il figlio di Indra si avvicinasse al monarca di Sindhu.

Quella notte Jayadratha non riuscì a dormire.

Si era lasciato persuadere a rimanere, ma la cosa non lo faceva stare affatto tranquillo. Sperando di ricevere rassicurazioni da Drona che conosceva bene sia lui che Arjuna per essere stato il maestro di entrambi, uscì dalla tenda e si incamminò verso quella dell’acarya.

Arjuna ha giurato che domani mi ucciderà, gli disse, e io temo per la mia vita. Duryodhana ha cercato di infondermi coraggio, sostenendo che l’esercito verrà schierato in modo da tenermi molto distante dal fronte e che sarò difeso da tutti gli eroi che combattono dalla nostra parte. Ma io ho visto il Pandava in azione e credo che neanche tutti i deva insieme potrebbero respingerlo. Quello è una furia scatenata e io non sono affatto certo che domani riusciranno a tenerlo lontano da me. Perciò io ora ti chiedo di chiarirmi questo dubbio: se riuscirà ad arrivare dove sono stazionato e mi costringerà a combattere, ho qualche speranza di vittoria? In un duello, chi fra noi ha maggiori possibilità di emergere vittorioso?

Giacché ti vedo molto preoccupato, gli disse Drona, ti risponderò con franchezza, senza celarti la verità. Voi due avete preso lezioni dallo stesso maestro, me, e io vi ho istruiti senza parzialità; quindi dovreste avere la stessa forza. Tuttavia non ci sono dubbi che Arjuna ti è superiore sotto ogni aspetto. È più abile, più forte e più intelligente. Oltre a ciò possiede armi divine che ha ottenuto nei pianeti celesti e soprattutto ha Krishna dalla sua parte; dunque è invincibile. Ma tu sei uno kshatriya, e la morte non deve spaventarti. Domani saremo tutti davanti a te e creeremo una barriera invalicabile; inoltre costruirò un vyuha a tre strati assolutamente impenetrabile persino agli stessi deva. Fatti coraggio, nulla è perduto. Tenteremo in ogni modo di impedirgli l’avanzata e di salvarti la vita. Non temere.

Un po’ rinfrancato Jayadratha tornò alla sua tenda, ma stentò comunque a prendere sonno.

Arjuna invece dormiva; ma i suoi sogni non erano tranquilli. Erano tutti rivolti al ricordo del figlio. A quel ragazzo appena sedicenne, pieno di energia ed entusiasmo che per un atto di generosità e di coraggio si era ritrovato barbaramente trucidato da sei maharatha. Per l’intera notte i suoi pensieri furono continuamente turbati da questa scena raccapricciante e da quella altrettanto agghiacciante di Jayadratha che impediva l’avanzata ai suoi fratelli. A frenare quell’altalena di immagini era poi giunto Krishna, il quale gli aveva rivelato che per uccidere Jayadratha avrebbe dovuto usare la pashupata, l’arma accordatagli tempo addietro da Shiva. Così nel sogno si era visto adorare il grande deva e, insieme a Krishna, volare poi verso la montagna Mandara, dove avevano incontrato Shiva.

Qui vicino c’è un grande lago, aveva detto loro; lì troverete qualcuno che vi darà ciò che cercate.

I due amici avevano seguito le sue indicazioni ed erano arrivati nei pressi di un immenso lago. Dalle acque era spuntato un serpente dalle cento teste, le cui bocche emanavano gigantesche fiammate. Appena si era accorta di Krishna e Arjuna, la bestia si era immediatamente trasformata in un grande arco che i due si erano affrettati a portare a Shiva. Quest’ultimo aveva così insegnato loro tutti i segreti per poter utilizzare la pashupata correttamente. Terminato l’addestramento, erano tornati sulla terra.

Questo sogno gli aveva occupato l’intera nottata.

Crediti
 Vyasa
 Mahâbhârata
  A partire dal IV secolo a.C. fino al IV secolo d.C.
  DRONA PARVA
 SchieleArt •   • 




Quotes per Vyāsa

Giudizio di un pensiero pacificato  Dalla collera viene lo smarrimento completo. Dallo smarrimento, lo sconvolgimento della memoria; dal disordine della memoria, la rovina del giudizio e della decisione; dalla rovina del giudizio, la perdita dell'uomo. Ma chi [si muove] fra gli oggetti sensibili con le funzioni sensoriali sottratte all'amore come all'odio e [tenute] sotto il suo dominio, questi, anima disciplinata, accede alla serenità suprema. Nella serenità tutti i dolori si annientano, perché il giudizio di un pensiero pacificato trova subito stabilità.  Bhagavadgītā