Leonid Pasternak ⋯ Alexander Pushkin at the SeashoreL’arte dell’infiltrazione mentale si configura come uno degli aspetti più inquietanti e, al contempo, efficaci dell’ingegneria sociale moderna, un tema che Lucien Cerise affronta in Gouverner par le Chaos. Non si tratta di una coercizione manifesta, di un lavaggio del cervello forzato, quanto piuttosto di un intervento meticoloso, quasi chirurgico, volto a penetrare le strutture cognitive ed emotive degli individui per allinearle, spesso inconsapevolmente, a un progetto di potere più ampio. Le élite contemporanee, in questa prospettiva, non necessitano primariamente di strumenti di repressione fisica; la loro forza risiede nella capacità di comprendere a fondo i meccanismi psicologici che governano il comportamento umano e di utilizzare tale conoscenza in modo strategico.

Il processo inizia con una fase diagnostica approfondita, uno studio minuzioso del terreno mentale su cui si intende operare. Si analizzano i desideri collettivi, le paure ancestrali, le aspirazioni frustrate, i pregiudizi latenti, le insicurezze profonde che caratterizzano specifici gruppi sociali o l’intera popolazione. Nell’era digitale, questa mappatura è enormemente facilitata dalle tecnologie di sorveglianza e analisi dei dati. Social media, motori di ricerca, piattaforme di e-commerce diventano vasti laboratori a cielo aperto, dove ogni interazione – un like, una condivisione, una ricerca online, un commento – fornisce preziosi insight sui profili psicologici e comportamentali degli utenti. I big data e gli algoritmi di machine learning permettono di identificare pattern, vulnerabilità e punti di leva su una scala senza precedenti. Tuttavia, è bene ricordare che la logica sottostante non è nuova: la manipolazione efficace ha sempre richiesto una conoscenza intima del soggetto da manipolare, anche prima dell’avvento di Internet.

Una volta completata la mappatura, si passa alla fase operativa, all’inoculazione delle idee e degli atteggiamenti desiderati. L’approccio privilegiato non è quello dell’imposizione diretta, che rischierebbe di generare resistenze, ma quello della suggestione indiretta e della persuasione occulta. L’obiettivo è far sì che l’individuo percepisca come propria un’idea o una scelta che è stata in realtà indotta dall’esterno, che creda di muoversi liberamente quando, di fatto, sta percorrendo binari predisposti da altri. La pubblicità commerciale offre un modello esemplare di questa logica: raramente si limita a elencare le caratteristiche di un prodotto; più spesso, associa il prodotto a stati emotivi desiderabili (felicità, successo, appartenenza) o fa leva su insicurezze latenti (paura di essere esclusi, inadeguati). L’individuo non compra solo un oggetto, ma un’immagine di sé, una promessa di gratificazione emotiva.

Queste stesse tecniche psicologiche vengono applicate su scala più ampia nella sfera politica e sociale. La costruzione di narrazioni egemoniche gioca un ruolo cruciale. Attraverso un bombardamento mediatico costante e coordinato, si diffondono interpretazioni specifiche della realtà, enfatizzando determinate crisi (reali o percepite), identificando nemici interni o esterni, agitando spettri di pericoli imminenti. In un clima di ansia e incertezza così generato – il caos controllato di cui parla Cerise – le popolazioni diventano più ricettive a soluzioni drastiche, a cessioni di libertà in cambio di una promessa di sicurezza, a misure che in condizioni di normalità e lucidità rifiuterebbero. Un individuo o una collettività disorientata è psicologicamente più vulnerabile alla suggestione, alla ricerca disperata di punti fermi, di figure autorevoli o di spiegazioni semplificate.

Il linguaggio stesso diventa uno strumento fondamentale di infiltrazione. L’uso strategico di parole chiave cariche emotivamente (sicurezza, progresso, riforme, stabilità, emergenza), ripetute ossessivamente e decontestualizzate, può gradualmente modificare la percezione della realtà e orientare il giudizio. Parallelamente, si promuove la frammentazione sociale: alimentare divisioni artificiali – tra generazioni, classi sociali, gruppi etnici o culturali, orientamenti politici – serve a indebolire la capacità di azione collettiva e a distogliere l’attenzione dalle reali strutture di potere e dai meccanismi di controllo in atto. Una società divisa è più facile da governare.

La globalizzazione, intesa come processo di omologazione culturale ed economica, facilita ulteriormente queste strategie di infiltrazione mentale. La diffusione planetaria degli stessi modelli culturali (attraverso film, serie TV, musica, mode, social trend) contribuisce a standardizzare non solo i consumi, ma anche le aspirazioni, i valori e le strutture cognitive, rendendo più semplice l’applicazione su larga scala delle medesime tecniche manipolatorie. L’industria culturale globale non è solo intrattenimento, ma anche un potente veicolo per l’internalizzazione di norme e ideologie. Il controllo strategico dei flussi informativi completa il quadro: decidere quali notizie diffondere, come inquadrarle (framing), quali voci amplificare e quali silenziare, significa avere un’influenza determinante su ciò che le persone conoscono e, di conseguenza, su ciò che pensano e credono.

L’esito di questo processo è la potenziale creazione di una società composta da individui che si percepiscono come liberi e autonomi, ma le cui opinioni, desideri e comportamenti sono in larga misura eterodiretti. L’infiltrazione mentale è efficace proprio perché opera sotto la soglia della consapevolezza critica, sfruttando meccanismi psicologici profondi e la naturale tendenza umana a evitare la dissonanza cognitiva e a rifiutare l’idea di essere manipolati. Una volta che le strutture mentali sono state modellate e le narrative dominanti interiorizzate, diventa estremamente difficile mettere in discussione lo status quo e recuperare un’autentica autonomia di pensiero e di giudizio.

Crediti
 Autori Vari
  Gouverner par le Chaos: Ingénierie sociale et mondialisation di Lucien Cerise è un'analisi critica delle strategie di potere utilizzate dalle élite globali per mantenere il controllo sulla società. L'autore sostiene che il caos, anziché essere un evento accidentale, è spesso un prodotto intenzionale dell'ingegneria sociale.
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