Quando Dante, ospite ingrato, definì gli aretini botoli ringhiosi
, le sue intenzioni erano offensive. Di quell’insulto gli aretini hanno fatto un motivo d’orgoglio, e direi giustamente, se ci si ricorda perché il sommo poeta ci appiccicò quell’etichetta. Ma siccome gli aretini di oggi la storia non la sanno, interpretano la cosa a modo loro, e si vantano di essere beceri, caciaroni, maleducati, ignoranti come capre, bestemmiatori, buzzurri insanabili. In realtà Dante non si riferiva a nessuna di queste, alquanto presunte, qualità, quando ci definì in quel modo. Parlava di tutt’altra cosa. Di cosa, i miei concittadini se lo scoprano da soli, rileggere Dante non farà loro male.
La storia recente, e per recente intendo gli ultimi secoli, di Arezzo, è tutta così. È la storia di un popolo che sa, intuisce a livello epidermico, di avere grandi motivi di orgoglio, ma non si ricorda più quali. Così, quando di questo orgoglio deve dare una definizione compiuta, annaspa pateticamente. Tutti quei tizi che su facebook quanto è bella Arezzo, ma superano il canto dei Bacci due volte all’anno perché c’è il Saracino, messi alle strette, non sanno dove cercare i motivi del loro orgoglio. O, peggio che mai, si lasciano andare a dichiarazioni definitive nella loro stupidità. Tipo la giostra del Saracino è più bella del Palio, il che non è vero, o Piazza Grande è più bella di Piazza del Campo e Piazza della Signoria, il che non solo è anche meno vero, ma è un buon modo per coprirsi di ridicolo di fronte a chi abbia un minimo di conoscenze storico-artistiche. Un buon modo per andare a giocare in casa d’altri, in serie A, con una squadra di terza categoria. La cosa peggiore è che il difetto riguarda anche i politici. Leggendo i depliants del gregge (ma quanti cazzo sono?) dei futuri candidati a sindaco, c’è da sentirsi male. Quando devono venire al sodo, non sanno cosa riferire, e sproloquiano su futuri investimenti nella Giostra del saracino e nella Fiera dell’Antiquariato, che agli aretini fa sempre piacere sentir nominare. Qualcuno, più freak degli altri, tira fuori anche l’ambiente, ed è curioso che a farlo sia chi rappresenta uno schieramento politico che l’ambiente, qui, lo ha lasciato devastare impunemente per decenni.
È una fantastica giornata di primavera. Dalla terrazza, a perdita d’occhio, vedo esplodere il verde fin sul Pratomagno, anche se una lieve foschia sta per trasformare tutto in un acquarello orientale. Una signorina generosa, sulla terrazza di fronte, ha deciso di prendere il sole in vesti succinte. Questa allegria mi spinge all’incosciente decisione di aprire una pagina dove ogni tanto, se e quando ne avrò voglia, cercherò di spiegare i veri motivi di orgoglio degli aretini. So già che me ne pentirò e che eventuali condivisioni mi creeranno inimicizie. Mal di poco. doveva essere un blog, e erano pronti a collaborare anche storici, giornalisti e tanti altri che sopra il canto dei Bacci ci stanno tutti i giorni. Vedremo, per ora meglio non mettere di mezzo nessun altro.
La Divina Commedia di Dante Alighieri
Un poema epico che esplora i regni dell’aldilà secondo la visione medievale cristiana. Dante viaggia attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso, incontrando vari personaggi storici e mitologici, tra cui gli aretini, descritti come “botoli ringhiosi”.
Arezzo e la sua storia di Giovanni Cherubini
Un’analisi dettagliata della storia di Arezzo, dalle origini etrusche fino ai giorni nostri. Il libro esplora le trasformazioni sociali, politiche e culturali della città, offrendo un contesto per comprendere l’orgoglio e le tradizioni degli aretini.
Il Medioevo degli increduli di Franco Cardini
Un saggio che esplora le credenze, le superstizioni e le pratiche religiose nel Medioevo. Cardini analizza come queste influenzarono la vita quotidiana e la cultura delle città italiane, inclusa Arezzo, fornendo una prospettiva storica sulle critiche di Dante.
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