Sovversivo è il foglio su cui la parola crede d’accamparsi; sovversiva è la parola attorno alla quale il foglio dispiega il suo bianco. Un passo nella neve è sufficiente a scuotere la montagna. La neve ignora la sabbia. Eppure in tutte e due è il deserto. Glaciale il bianco alle sue vette. Nero il sole della parola. Il patto tra la carta e il vocabolo – tra il bianco e il nero — è l’accoppiamento di due sovversioni rivolte l’una contro l’altra, nel cuore stesso della loro unione: lo scrittore ne fa le spese. S’accorda nell’apparenza soprattutto ciò che nell’interiorità si lacera. L’occhio coglie solo ciò che emerge. L’evidenza è il terreno ideale su cui opera la sovversione. Scrivi. E ignori tutti i conflitti che la penna solleva al suo passaggio: il libro è la posta in gioco di quei conflitti. Forse sovversivo è quel libro che denuncia, dentro la scia d’un pensiero aggredito, la sovversione della parola nei confronti della pagina e della pagina nei confronti della parola, e l’una con l’altra confonde. In questo senso, fare un libro vuole dire offrire un sostegno alle forze sovversive che attraversano il linguaggio e il silenzio, un sostegno che segna il ritmo delle loro riprese. La sovversione è l’arma preferita dall’inconsueto ma anche dall’ordinario. Il rapporto con Dio, diceva, è un rapporto indiretto con la sovversione. Ogni parola pronunciata è sovversiva in rapporto alla parola taciuta. Talvolta la sovversione passa attraverso la scelta, attraverso l’arbitrarietà d’una scelta, la quale si presenta forse come una necessità ancora oscura. Dio è sovversivo: e come ha potuto pensare che l’uomo non lo sarebbe diventato di fronte a Lui? Dio ha creato l’uomo a immagine della Sua sovversione. E se la sovversione fosse solo lo scarto tra la cosa creata e la cosa scritta? Uno stesso abisso separerebbe, allora, l’uomo dall’uomo e il libro dal libro. (Divino o umano che sia, diceva, ‘Io’ è il teatro di ogni sovversione. Un’arte di vivere, diceva anche; arte mossa dalla sovversione! Questo forse è il principio della sapienza.)
II foglio come luogo della sovversione e del bianco
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