Lotta interiore e il desiderio di controllo su di séE insomma, io i soldi li do volentieri. Ve li posso dare soprattutto perché non sono miei, né mai potrebbero davvero diventarlo, non avendo in sé alcun carattere o attributo. L’unica cosa che si può dire di loro attiene alla loro quantità: pochi, molti, abbastanza, niente. Mentre le prime tre definizioni sono incerte, labili, discutibili, l’unica veramente sicura è l’ultima. Ora, come si può possedere un’astrazione? Non si può. Quindi i soldi non sono miei né mai lo saranno. Mentre le cose materiali, gli oggetti, potrebbero diventare miei, miei. Questa loro possibilità li rende inalienabili. Vale a dire che non mollo, non do nessuno degli oggetti che dimorano nella mia casa, per nessuna ragione, vili o preziosi che siano. E se lo faccio ne soffro, ne soffro, ah quanto ne soffro. Ma che cos’è il mio?

Quello che è mio potrebbe essere vostro?
No, se fosse vostro non sarebbe mio.
Ma il mio cos’è? Dov’è?
Non sono certo io, non lo ritrovo in me.
Di me mi sento infatti mandataria,
ma in nessun modo, mai, la proprietaria.

Ah, se lo fossi non mi sarei d’intralcio: questa incerta sostanza di cui sono composta non starebbe sempre a farsi notare con i suoi capricciosi spettacoli, i suoi colpi di scena. Se ne starebbe tranquilla e silenziosa ad aspettare i miei ordini, pronta a servirmi. Potrei insomma occuparmi d’altro, sí, potrei occuparmi d’altro. Con tutte le cose belle che ci sono. Potrei magari compiere azioni eroiche. A volte mi dico: «Dio, che pazienza, doversi sopportare! Sempre tra i piedi, cosí bene in vista. Sono proprio una santa». Certo, dovrei cercare di assorbirmi tutta, in dolce intimità. Governare la cittadella, muovermi come un solo uomo, anzi, una sola donna, senza periferie, senza distaccamenti laterali, senza retroguardie. Ma non ho polso, non ho autorità. Ogni parte di me fa quel che vuole e in più pretende che io la guardi, che l’ascolti. Del resto far finta di niente è impossibile. C’è un tale rumore, e cosí io la guardo e l’ascolto sperando che prima o poi, a forza di guardarla, non avrà più nulla da mostrare. Insignificante e mia, io tutta di me proprietaria, andrò alla morte. Ma io non voglio morire.

Crediti
 Patrizia Cavalli
 Con passi giapponesi
 SchieleArt •   • 




Quotes per Patrizia Cavalli

Ho sempre scritto poesie, sin da bambina, ma come una specie di atto naturale, non accompagnato da nessuna consapevole ambizione. Poi a un certo punto della mia vita qualcuno di cui mi fidavo mi ha detto che ero poeta. E io ci ho creduto. In un certo senso sono stata obbligata a crederci (o forse a fingere di crederci), e per ragioni che non hanno niente a che fare con la poesia. Comunque m'imbarazza definirmi poeta, c'è qualcosa che non mi torna, preferisco dire che a volte scrivo poesie.

Mi dicono anche che ero bella da ragazza ma io non me ne sono mai accorta. Ecco, forse sono stata felice ma non me ne sono accorta. Forse è stato un godimento oggettivo, quello della mia bella giovinezza, ma non soggettivo. Non c'ero e dunque non ho vissuto. A volte si vivono intere vite senza esserci.

al cuore
fa bene far le scale
al cuore
ma se non fa le scale
al cuore
fa bene far l'amore
il cuore
qualcosa deve fare
che altrimenti muore
sì muore sì muore
il cuore…
non può sparire
non può dormire
se va in pensione
non è più cuore…

Ecco il giorno e l'aspetta settembre,
il suo immobile ardore un po' fiaccato,
la languida estiva sbavatura. Eccomi.
Ai minuti, al facile perdono,
ai mercati scintillanti di materia,
all'invito innocente del mattino,
alla corsa, al gentile riposo.
Nell'aria imbambolata
facce bellissime passano per strada,
perduti amici miei li riconosco.
Il tempo senza tempo di settembre
si ripete, estate e infanzia
sono ancora insieme.  Vita meravigliosa


Riferimenti