Ebbene, a noi sembra che il punto più significativo, che possa venire espresso mediante il discorso, sia la consapevolezza della necessità dell’atto mediante cui non già l’unità pone la dualità, ma, al contrario, la dualità si toglie nell’unità. L’atto, a sua volta, può venire inteso come quell’intenzione di verità che anima qualunque discorso e qualunque ricerca e che nella verità intende togliersi, onde eliminare ogni distanza dal vero.
L’ablatio alteritatis
, a nostro giudizio, è l’autentico atto che restituisce l’emergenza dell’uno, senza con ciò determinarlo, ma determinando soltanto la necessità del suo emergere. Tale atto essenzializza la via ascendente, l’unica intellegibile perché nell’intellegibile essa intende compiersi. L’atto di cui parliamo è, dunque, il togliersi del determinato: non un atto tetico, insomma, ma un atto ablativo, che non poggia sulla differenza, ma che, togliendola, la invera.
In virtù dell’ablatio alteritatis
la fattualità, che coincide con la molteplicità, si supera e l’atto, emergendo oltre il fattuale, restituisce l’assoluto e la vera innegabilità. L’assoluto, infatti, non è innegabile perché resiste alla negazione, ma perché non è alla sua portata.
Il concetto di relazione
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